Due parole, doverose anche su Tauran: se le merita

Sono contenta dell’elezione del cardinale argentino Bergoglio a Papa, con il nome di Francesco.

Ma ci sarà tempo per fiumi di parole, su questo.

Ora che tutti i riflettori sono per Bergoglio, fatemi però dare, oggi, un abbraccio al cardinale Tauran, che ha avuto il compito di annunciare al mondo l’elezione del nuovo Papa. Colui che è stato chiamato al ruolo “incomodo” e paradossalmente più trasparente che esista, perché l’attenzione era tutta per il nome che avrebbe pronunciato, lui in fondo era un semplice megafono.

Ruolo che, come la flebile voce con cui ha dato l’annuncio faceva intuire, ha portato a termine nonostante sia malato (Parkinson), in modo umile e senza tirarsi indietro, senza paura di ‘esporsi’ così come era, alla piazza che aspettava impaziente, strappando non poca simpatia e tanta tenerezza. Ecco. Grazie Jean-Louis.

Grazie, Benedetto


Ieri mentre il Papa (a quell’ora non era ancora Emerito) sorvolava Roma il pensiero era tutto per l’uomo Ratzinger.

Qualche minuto prima aveva salutato tutti, il suo segretario si era commosso. E poi l’elicottero si era alzato.
Io guardavo il tutto da un buchetto dello schermo emozionata come se stessi accompagnando alla partenza un amico intimo.

Guardando di sfuggita quell’elicottero bianco sorvolare Roma cercavo di immedesimarmi e mi chiedevo quante e quali instantanee gli passassero negli occhi, per la testa, in cuore. Poi l’ho visto a Castel Gandolfo, in quel luogo per me anche così familiare e che con i suoi grandi alberi al tramonto lascia sempre negli occhi molta suggestione.

Ed era ancora si, stanco, ma sereno, tranquillo. L’ultima cosa che ha detto è stata: buonanotte, la cosa più semplice che poteva uscire dalla sua bocca. Un’ultima, ulteriore lezione di ‘normalità’.

Preso dall’emozione, Benedetto ha sbagliato la formula della benedizione. Un Papa umano. Si è girato e in quel momento la brezza leggera dei Castelli faceva ondeggiare in un’immagine suggestiva il drappo posto sul balcone da cui Benedetto si era appena congedato per l’ultima volta.

Solo la storia saprà dirci la grandezza di questo Papa, che ho faticato ad amare all’inizio e che ho incominciato ad apprezzare tardi, nel momento in cui anche nella mia vita ho incominciato a fermarmi, a leggere tra e dentro le cose.

E che adesso già un po’ mi manca.
Grazie, Benedetto.

L’ultima eredità di BXVI

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Il Papa stamattina ha salutato i cardinali per l’ultima volta prima di ritirarsi a Castelgandolfo, diventando “Papa emerito” nell’attesa che il conclave elegga il prossimo. Mi ha colpito in modo particolare un passaggio del suo discorso:

“Il collegio dei cardinali sia come un’orchestra dove le diversità concorrano alla superiore armonia”

Mentre lo ascoltavo mi sembrava la consegna fatta ai figli di un padre che parte: stringersi intorno a “quel vuoto” e restare più uniti, ritrovare la dimensione dell’insieme, della famiglia. Ecco, in fondo mi sembrava di scorgere che il Papa, nel suo atto più grande di umiltà e servizio ci sproni e ci lasci una strada, un’eredità, non solo utile per la Chiesa in questo momento, ma valido anche e soprattutto nel nostro quotidiano. Si rema tutti insieme.

E tanto per continuare  a rimarcare quanto sia grande la frittata fatta in questa occasione … si scoprono cose mooolto interessanti riguardo alla vicenda (testo citato dal blog nel link):

Sentire poi da gente che lavora in quell’università che, sotto sotto (ma neanche tanto sotto), rientra tutto in una strategia per le imminenti elezioni del nuovo rettore, mi mette addosso una tristezza…

Tristezza … e schifo!!!!!
MI tocca addirittura essere d’accordo con Liguori. Ma si può??
Sono sempre più convinta che una cosa del genere potesse succedere solo in Italia!
Per citare un commento letto in questo post che condivido.

speriamo che la notizia rimanga nascosta e non arrivi all’estero, cosa pensereste di un paese in cui la spazzatura sommerge una citta’ e il papa non puo’ parlare all’universita’?

Per il momento il risalto dato alla cosa all’estero è poco, fortunatamente!

PS: Il post è modificato rispetto all’originale perchè avevo messo un’immagine che, vista da un’altra angolazione non aveva più senso di stare (dall’immagine della galleria di Repubblica sembrava che "e" della frase fosse senza l’accento e ironizzavo su questa cosa … ma dalla seconda immagine del Corriere si vede bene che l’accento in questione è solo nascosto dalla piega del lenzuolo)

Che tristezza!

Apprendo con rammarico che Benedetto XVI non andrà alla Sapienza.

Ha perso l’Italia, ha perso la libertà, quella vera, che quella che tanto invocano quelli che hanno osteggiato la sua presenza, libertà che va bene solo quando è concessa a se. Gli altri, se dicono qualcosa che non mi va, che se ne stiano zitti, per la miseria!
Cos’è che diceva Voltaire (noto cattolico, eh!!!), di già?

Mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso

E’ una sconfitta. Inutile scappare di qua, inutile "festeggiare" come pare stia facendo qualcuno.

Mi ritrovo in quanto dice Veltroni:

È una sconfitta della cultura liberale e di quel principio fondamentale che è il confronto delle idee e il rispetto delle istituzioni. Ogni critica è legittima e il confronto delle opinioni è l’ossigeno della nostra convivenza, ma ogni atteggiamento di intolleranza, come quelli che si sono manifestati in questi giorni verso il Pontefice, fa male alla democrazia e alla libertà».

E’ strano che però, per far parlare di sè, ci sia bisogno di tirare il ballo la Chiesa e il Papa.
E’ una cosa che funziona sempre.
Se ricordate, fece lo stesso anche tale Andrea Rivera dal palco del I°maggio. Se non avesse detto quello che ha detto, oggi sarebbe un signor nessuno. Così come questi 67 professori e questi studenti. Per avere "visibilità" hanno dovuto osteggiare il Papa.
La dimostrazione che forse non è proprio una persona di così poco conto come qualcuno vorrebbe farci credere. Se non bastassero 2000 anni di storia, pur con tutti i periodi bui (e a tratti "non giustificabili") passati dalla Chiesa.

Mi viene in mente un proverbio africano, quanto mai vero:

Sii sempre come la palma: le tirano i sassi e lei lascia sempre cadere i datteri

Vi lascio con un editoriale del Corriere della Sera che ho apprezzato e che trovo esprima in modo preciso quello che anche io vorrei dire. E anche due post trovati nella rete.

Per chi vuole continuare a leggere, posto un articolo, di un professore di matematica della Sapienza (tra l’altro mi pare di capire di religione ebraica), che uscirà sull’Osservatore Romano di domani che ho trovato esprima, con l’editoria del Corriere, tutto quello che penso sulla cosa.

Giorgio Israel

Professore ordinario
di Matematiche complementari
Università di Roma La Sapienza

È sorprendente che quanti hanno scelto come motto la celebre frase attribuita a Voltaire – "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quel che penso" – si oppongano a che il Papa tenga un discorso all’università di Roma La Sapienza.

È tanto più sorprendente in quanto le università italiane sono ormai un luogo aperto ad ogni tipo di intervento ed è inspiegabile che al Papa soltanto sia riservato un divieto d’ingresso. Che cosa di tanto grave ha spinto a mettere da parte la tolleranza volterriana?

Lo ha spiegato Marcello Cini nella lettera dello scorso novembre in cui ha condannato l’invito fatto dal rettore Renato Guarini a Benedetto XVI.

Quel che gli appare "pericoloso" è che il Papa tenti di aprire un discorso tra fede e ragione, di ristabilire una relazione fra le tradizioni giudaico-cristiana ed ellenistica, di non volere che scienza e fede siano separate da un’impenetrabile parete stagna.

Per Cini questo programma è intollerabile perché sarebbe in realtà dettato dall’intento perverso, che Benedetto XVI coltiverebbe fin da quando era "capo del Sant’Uffizio", di "mettere in riga la scienza" e ricondurla entro "la pseudo-razionalità dei dogmi della religione". Inoltre, secondo Cini, egli avrebbe anche prodotto l’effetto nefasto di suscitare veementi reazioni nel mondo islamico. Dubitiamo però che Cini chiederebbe a un rappresentante religioso musulmano di pronunziare un mea culpa per la persecuzione di Averroè prima di mettere piede alla Sapienza. Siamo anzi certi che lo accoglierebbe a braccia aperte in nome dei principi del dialogo e della tolleranza.

L’opposizione alla visita del Papa non è quindi motivata da un principio astratto e tradizionale di laicità. L’opposizione è di carattere ideologico e ha come bersaglio specifico Benedetto XVI in quanto si permette di parlare di scienza e dei rapporti tra scienza e fede, anziché limitarsi a parlare di fede.

Anche la lettera contro la visita firmata da un gruppo di fisici è ispirata da un sentimento di fastidio per la persona stessa del Papa, presentato come un ostinato nemico di Galileo.

Essi gli rimproverano di aver ripreso – in una conferenza tenuta proprio alla Sapienza il 15 febbraio 1990 (cfr J. Ratzinger, Wendezeit für Europa? Diagnosen und Prognosen zur Lage von Kirche und Welt, Einsiedeln-Freiburg, Johannes Verlag, 1991, pp. 59 e 71) – una frase del filosofo della scienza Paul Feyerabend: "All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto".

Non si sono preoccupati però di leggere per intero e attentamente quel discorso. Esso aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel Settecento Galileo è l’emblema dell’oscurantismo medioevale della Chiesa, nel Novecento l’atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all’affermazione di Feyerabend – definito dall’allora cardinale Ratzinger come un "filosofo agnostico-scettico" – e a quella di Carl Friedrich von Weizsäcker che addirittura stabilisce una linea diretta tra Galileo e la bomba atomica.

Queste citazioni non venivano usate dal cardinale Ratzinger per cercare rivalse e imbastire giustificazioni: "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità". Esse piuttosto venivano addotte come prova di quanto "il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

In altri termini, il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna.

Del resto chi conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull’argomento sa bene come egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico.

Come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio? Un docente dovrebbe considerare come una sconfitta professionale l’aver trasmesso un simile modello di lettura disattenta, superficiale e omissiva che conduce a un vero e proprio travisamento.

Ma temo che qui il rigore intellettuale interessi poco e che l’intenzione sia quella di menar fendenti ad ogni costo. Né c’entra la laicità, categoria estranea ai comportamenti di alcuni dei firmatari, che non hanno mai speso una sola parola contro l’integralismo islamico o contro la negazione della Shoah.

Come ha detto bene Giuseppe Caldarola, emerge qui "una parte di cultura laica che non ha argomenti e demonizza, non discute come la vera cultura laica, ma crea mostri". Pertanto, ripetiamo con lui che "la minaccia contro il Papa è un evento drammatico, culturalmente e civilmente".

(©L’Osservatore Romano – 16 gennaio 2007)

Ratisbona 2, la vendetta!

Come in occasione delle polemiche dopo il 1° maggio scorso, anche questa volta stavo (volontariamente) "sorvolando" una delle questioni più "scottanti di questi giorni".

Ma mi sembra di dover dare giusto risalto a delle ottime riflessioni sulla questione, che condivido in ogni parola, virgola, spazio e ritorni a capo compresi, aggiungendo, se mi è permesso, qualche piccola considerazione, perchè io sono più "terra terra" nei miei ragionamenti anche se vorrei arrivare alla stessa conclusione

[…] però il discorso torna sempre lì: il rispetto. E’ l’unica strada possibile per il dialogo. Ma spiace vedere che (quasi) sempre i pregiudizi e le ideologie finiscono per prevalere, da una parte e dall’altra. […]

ps. si può citare, vero?

La questione è la seguente: Papa Benedetto è stato invitato all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università "La Sapienza" di Roma; alcuni professori hanno fatto sapere che non è il benvenuto per sue fantomatiche parole durante un discorso quando era ancora Cardinale a Parma, nel lontano 1990.

Dunque dunque. Riordiniamo le idee.

Prima di tutto, il Papa non terrà, come era previsto, una "Lectio magistralis" (si scriverà così?), ma un semplice discorso.

Secondo punto, molto più importante.
La malafede o l’ignoranza, non so quale scegliere (e non so quale sperare) di professori universitari (sic!), giornalisti, che aprono Wikipedia (che ricordo, è tanto utile quanto da prendere con le pinze, essendo aperta alla modifica di tutti), leggono una citazione e NON ne verificano la fonte prendendola per oro colato e sganciandola dal suo contesto.

Finisce così che si decontestualizzi non una frase, ma addirittura una citazione fatta dall’allora Cardinale.

L’onesta intellettuale (che probabilmente non appartiene a chi ha sottoscritto il documento mandato al Magnifico Rettore dell’università romana) vorrebbe che, dopo aver letto la citazione, si andasse a riprendere quel discorso del 1990 per capire quando, come e perchè Ratzinger avesse citato quella frase.
E poi, solo in quel momento, trarre le dovute conclusioni.

Sul blog di Raffaella trovate il passaggio incriminato. Mi spiace che il blog sia "di parte" … ma non ho ancora trovato nessun blog che, pur "avendocela" con il Papa, riporti tale testo. Se qualcuno ha notizie al riguardo, cambio volentieri il link per dare voce anche a chi la pensa in modo diverso.

Notate l’ultima parte del discorso, riferita alla citazione appena sopra:

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica

Notate i termini in grassetto: è evidente come Ratzinger prenda nettamente le distanze dal passo da lui citato (e che qualcuno spieghi a questi illuminati professori di fisica che le citazioni non sono sempre fatte condividendo ciò che si cita).

Sembra Ratisbona 2, la vendetta.
Non so quanto ci sia di voluto in questa storia, fatto sta che i 67 o quanti professori che hanno presentato questa lettera hanno fatto, a parere della sottoscritta, una figura a dir poco pessima.
Di credibilità, anche. Perchè da chi impugna il cosidetto "metodo scientifico", certe uscite come questa non ce le si aspetterebbe.

Poi, santa pazienza. Liberi di credere che quello che dice il Papa siano cretinate, liberi di credere quello che si vuole. Nessuno vuole imporre nulla. Ognuno secondo la sua coscienza. Però ecco, ritorniamo lì: il rispetto. Da entrambe le parti, ovviamente, perchè tante volte c’è il rischio di cadere in "integralismo" (passatemi il termine) opposto.
Hanno invitato il Papa all’inaugurazione dell’Università "La Sapienza" di Roma (fondata tra l’altro, da un Papa)? Bene. Ascoltiamo cosa dice e poi dopo possiamo discutere. Nel rispetto pieno delle proprie opinioni personali, che nessuno vuole cambiare. Ma non mistifichiamo la realtà.

Capite bene che quando si parte da questo presupposto di pregiudizio … è ben difficile attuare un dialogo. Perchè, come mi è parso di imparare in questi anni, dialogo vuol dire spogliarsi (non cancellare o disconoscere, attenzione!) delle proprie idee per accogliere quelle dell’altro. Che possiamo condividere o meno. Nel rispetto delle diversità, senza però perdere o nascondere la propria identità.
Ma prima di tutto in un dialogo è necessario l’ascolto libero da pregiudizi, da entrambe le parti.

E via con questa storia della Chiesa vs. Galileo.
Giovanni Paolo II, che forse aveva solo un modo più "comunicativo" di dire le cose, che però sono le stesse che ripete Papa Benedetto, ha chiesto scusa una volta per tutte. Non facciamo finta di niente.

Ieri ho sentito parlare uno psicologo molto in gamba. Ad un certo punto ha fatto una parentesi sulla fede.
Diceva questo:

La fede è la luce della ragione.

Mi ritrovo, per esperienza, nelle sue parole.

E a chi tirerà fuori la questione della "laicità" dello Stato, ragionevolmente, mi spieghi la differenza se all’università interviene il Dalai Lama (a cui viene data anche una laurea honoris causa) o il Papa. Perchè non trovo la differenza.

My 2 cents.

Luciani & Karol

Leggendo qua e la qualche notizia ho trovato questa che riguarda un torneo di calcio dedicato a Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II) giocato a Roma e vinto dalla Lazio.

Niente di sconvolgente quindi, un torneo come tanti, dedicato questa volta ad un grande personaggio come Giovanni Paolo.
La cosa curiosa però è il nome del marcatore della partita: Luciani. Vi dice niente questo cognome?

Albino Luciano e Karol WojtylaSimpatica come cosa!
Il torneo dedicato a Giovanni Paolo II è stato vinto con un goal … del suo predecessore!