Date e vi sarà dato

SpigheUn’amica, che chiameremo D., mi ha permesso di raccontare la sua esperienza.

Lei è una 25enne, per adesso informatica, un po’ fissata con una vita che si possa equilibrare tra i piedi ben piantati a terra con le cose ‘dai tetti in sù‘.
Direi che potrebbe quasi quasi esser la mia, di descrizione.

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Una preghiera a Chiara Luce

Chiara LuceIl tuo sorriso, cara Chiara, parla per te. Allora come oggi, dopo tanti anni.

Ti chiedo questo, se puoi: insegnami quella tua normalità che ti faceva essere il cuore sempre in Cielo e con i piedi ben radicati su questa terra.

Quella semplicità che sapeva ascoltare, confidare, mettersi in gioco. Non accontentarsi. Che faceva sentire ciascuno speciale, perché speciale lo era già per Qualcuno.

Ti immagino come in un’onda: quell’onda che una volta approdata alla riva, ritorna indietro incontrando e intrecciandosi alle onde che la rincorrevano.

Ecco, tu l’onda già arrivata. Noi le onde che rincorrono.

Sorreggici quelle volte che ci perdiamo, ci intestardiamo quando i giri sembrano non seguire il percorso tracciato da noi. Che ci sfiduciamo di fronte alle difficoltà, alle sfide che la vita ci mette davanti. Che non sappiamo fare spazio a chi ci sta davanti come fosse la cosa più importante che abbiamo da fare. Che non sempre ricordiamo che abbiamogià, tutto.

“Corri corri dimmi che non c’è, nulla da temere”.

Lo cantiamo tante volte, ma poi a volte non è facile crederlo.
Fa che questa sia la nostra normalità. Fa che un po’ possiamo essere come te.

Perché la carità è un mantello regale

Volo felice

Anzitutto, una persona che ha la carità non è orgogliosa: non ama dominare sugli altri; non la sentite mai biasimare la loro condotta; non ama parlare di ciò che fanno. Una persona che ha la carità non esamina qual è l’intenzione degli altri nelle loro azioni; non crede mai di far meglio degli altri e non si mette mai al di sopra del proprio vicino; al contrario, essa crede che gli altri fanno sempre meglio di lei. Non si offende se le si preferisce il prossimo; se viene disprezzata, rimane contenta lo stesso perché pensa che merita ancora più disprezzo.

(Chi) ha la carità evita il più possibile di recar pena agli altri, perché la carità è un mantello regale che sa nascondere bene gli sbagli dei propri fratelli e non permette mai di credere che si è migliori di loro.
(Curato d’Ars)

Provo a stamparmelo in cuore. E a viverlo.

Penso che … ci saremmo capite

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Cara Chiara Luce, anzi, Chiaretta … devi avere un conto aperto con me, incomincio ad esserne abbastanza convinta!
L’anno scorso, poi questa estate e adesso un’altra avventura…mi sembra che non ti fai proprio mancare occasione per farmi mettere in gioco!

In questi ultimi tempi di assidua frequentazione di Sassello, più di una volta ho pensato quanto avrei voluto conoscerti personalmente, potermi fare la mia idea di te.

E difficile dire che cosa mi affascina di te. Forse la normalità che ti permetteva di essere radicale e “di mondo” allo stesso tempo. Come due opposti che si attraggono e si completano, che non possono stare uno senza l’altro. Ti immagino – e vorrei saper essere anche io – così.

C’è una cosa che sto scoprendo e che mi fa sentire tanto simile a te. Oggi pensavo ad una cosa che mi provocava sofferenza e ho pensato che in fondo anche tu ci hai messo un po’ a dire quel tuo Si.

Forse siamo un po’ uguali (ribelli) su questo. Nelle piccole e grandi cose, il Sì in fondo poi arriva, ma prima c’è da macinare un po’ dentro. Sventrarsi il cuore, sentirlo e vederlo ‘sanguinare’. Dover star un po’ lì, in quello star male, in quella sofferenza. Vederla, guardarla bene. Toccarla. Sentirla. Dargli un nome, una forma. Un po’ come andare giù giù giù e poi …. e poi risalire.

Non ci siamo mai conosciute e così cerco di conoscerti mettendo insieme i pezzi di chi ti ha conosciuto ma penso proprio che sì, ci saremmo capite.

‘Anti’ vs fraternità: da dove cominciare?

Ieri leggendo le notizie del giorno non ho potuto fare a meno di fermarmi su quelle che arrivavano dal mondo arabo, sull’escalation di violenze e proteste scatenate in seguito al film americano e alle vignette ‘anti-Islam’.

Non ne ho potuto fare a meno perché da qualche anno leggere ‘Pakistan’ significa ripensare ad una terra tanto cara ad una persona speciale e che attraverso i suoi racconti (positivi e meno) è entrata in qualche modo, di riflesso, in un certo voler cogliere (a volte per contrasto) quanto di positivo c’è nella vita e nei modi di fare di quei popoli, la famosa ‘foresta che cresce’ al cospetto del rumore che fa l’albero che cade sbattuto sulle prime pagine dei giornali.

Ma non ho potuto farne a meno anche ripensando a certi life-motiv della mia vita, certi sogni, speranze. “Fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Budapest (dove questa frase è stata marchiata su alcune panchine della città) ma non solo, altre mille le occasioni in questi anni per dire, credere, sperimentare che possa questa semplice frase essere un piccolo punto da cui partire.

Ingenua e sognatrice sono, probabilmente. Perché sarebbe bastato che chi ha ideato questo film (o altre volte vignette e qualsiasi cosa) avesse pensato e misurato le sue azioni su cosa avrebbe significato la cosa rigirata al contrario. “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.

Proprio l’altro giorno ripensavo ad un pensiero sviluppato in questi anni, che questa frase, per quanto bella, universale, fosse un tantino ‘io centrica’. In fondo la misura per fare qualcosa verso l’altro è me, non il desiderio, il bisogno dell’altro, magari molto diverso dal mio. Ma ieri, riflettendo su questi avvenimenti, mi rendevo conto che quello di prendere come paragone l’altro e non me stesso, capire e agire per i suoi desideri, e non i miei, è un passo ancora oltre, più ‘fine’. Che in certe situazioni mi accontenterei di vedere il rispetto per l’altro, quello che di fondo è mancato in questa e altre vicende simili degli anni scorsi. E che non ammette e non giustifica repliche violente, sia chiaro. Ma che manca da entrambe le parti da tanto, troppo tempo.

E per contro, ogni volta che mi trovo a ragionare su certi avvenimenti, non riesco a non dovermi fare un esame di coscienza. A chiedermi quante e quali volte ho mancato io, in questo aspetto. Nella vita quotidiana, quella di tutti i giorni.

E allora, ancora ingenua, mi ripeto che il mare è fatto di gocce. E se faccio mancare le mie, posso dire e pensare tante cose belle e giuste ma, sarò io a risponderne della loro mancanza.

[ photo by Roberto ]