Date e vi sarà dato

SpigheUn’amica, che chiameremo D., mi ha permesso di raccontare la sua esperienza.

Lei è una 25enne, per adesso informatica, un po’ fissata con una vita che si possa equilibrare tra i piedi ben piantati a terra con le cose ‘dai tetti in sù‘.
Direi che potrebbe quasi quasi esser la mia, di descrizione.


D. aveva un lavoro, che quando è tornata dalla sua avventura in giro per i Castelli Romani le è sembrato un regalo. Perché inserirsi nuovamente ‘nel mondo‘, dopo quell’esperienza sicuramente arricchente e fondamentale ma che l’aveva catapultata in tutt’altra realtà, era proprio quello di cui aveva bisogno.

E’ anche grazie alla pazienza dei suoi capi, al loro credere in lei, che è potuta crescere, imparare tante cose, prima umanamente e poi professionalmente.
Ad un certo punto l’azienda è entrata in crisi: prima gli stipendi indietro e lo stringere tutti i denti, poi dalla mattina al pomeriggio si è trovata a casa, in cassa integrazione.
Un fulmine non a ciel sereno, ma comunque un colpo. D’improvviso tutte le certezze professionali le sono venute meno. E intanto che in qualche modo cercava di rendersi utile con il tempo libero che si trovava a disposizione, tante idee le si affollavano per la testa: “è proprio l’ informatica che voglio fare? Voglio diventare una super sviluppatrice? Voglio far carriera? O forse un monitor come compagno di lavoro mi è troppo stretto?”

Poi un giorno è tornata in ufficio. E lì ad attenderla c’era, questa volta, la lettera di licenziamento, per ‘motivi economici’.

Un nuovo fulmine. Nel frattempo D. si è confrontata, ci ha pensato un po’ su e ha ricominciato l’università, cambiando quasi radicalmente ambito di studio.

E il dover riprendere il lavoro, anche se solo a tempo per portare a termine il preavviso, le impediva di fatto di poter seguire in quel periodo le lezioni.

In ufficio poi le passavano per le mani i lavori noiosi, quello che tutti rimandano, in attesa di tempi migliori – e voglia – per farli. Il suo lavoro, quello che aveva fatto per tanto tempo, ormai non le apparteneva più ed era tutto in carico al suo collega.

Ogni tanto le saltava in testa una domanda: ‘are you joking me?‘. ‘Mi state prendendo in giro?‘.
Ma ad un certo punto un flash, e il ricordo di un episodio simile e la ‘lezione’ raccontati in un libro che ho visto spesso sul suo comodino: “posso fare questo lavoro per quieto vivere, per adempienza di un dovere…o posso farlo ‘come una regina’“. E lei, come chi raccontava quell’episodio successo tanti anni fa in una terra lontana, ha scelto quest’ultima opzione.

D. in fondo con i permessi in qualche modo avrebbe potuto conciliare il lavoro con le lezioni all’università, così da sfruttare a pieno anche l’ultimo mese di stipendio dovuto.

Ma…nonostante tutto, date le acque agitate in cui sapeva navigare l’azienda, sentiva in fondo che la cosa da fare era un’altra: rinunciare al preavviso, rinunciare a quella parte di soldi che le sarebbero spettati ed evitar loro di dover pagarle anche quell’ultimo mese, anche se certo, era una piccolissima goccia.

Di questi tempi però nulla si lascia al caso. Mi ha detto che non è stata una scelta scontata, ma sentiva di volerla fare, nonostante non avesse il paracadute sicuro di un altro lavoro.

Un giorno arriva un messaggio a D. E’ di DD, amica milanese con cui si erano conosciute per lavoro. DD loda sempre D. più di quanto in realtà meriterebbe ma ha una proposta per lei: “un’amica ha bisogno di una mano tecnica per fare dei siti, vi metto in contatto?“.
Insomma, D., si è trovata nel giro di pochi giorni con la necessità di imparare a fare un preventivo, a misurare il valore del suo tempo e delle sue competenze e con la possibilità di lavoretti che possono conciliarsi con le sue esigenze di studio.

«Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo»

Una misura buona, pigiata, colma e traboccante. Come a dire che le cose, se si fanno, si fanno bene. Ancora mentre andava a farsi definire dallo Stato come “disoccupata”, le è arrivata una telefonata con un’altra proposta di collaborazione.

Non sa se poi questi lavori andranno in porto, e certo non potranno essere come avere uno stipendio fisso ma … quello che per lei vale è aver sperimentato che quel ‘date e vi sarà dato’ possono non essere soltanto parole impresse su di un libro. E che però ognuno deve metterci del suo, provando a dare alle cose il loro giusto valore. Perché questa scelta un po’ controcorrente non è che non le sia costata fatica.

Ma nonostante questo D. non si sente un eroe: in fondo ha seguito solo quello che sentiva in cuore e che riteneva giusto e coerente con quello stile di vita che cerca, faticosamente come tutti, di provare a vivere, pur nelle sue miserie di ogni giorno.

Io la storia la racconto perché chissà, magari può essere di conforto a qualcuno. Può aiutarci a ricordare chissà quante occasioni abbiamo nelle nostre sfumature quotidiane per dare. Sperimentando a volte che il “vi sarà dato” non torna nelle forme che noi ci costruiamo in testa. Quello è soggetto a fantasia di altri, in effetti 😉

[ photo credits ]

3 thoughts on “Date e vi sarà dato

  1. Laly says:

    Grazie Dani per aver raccontato la storia di D.!! per averla condiviso, evitando così che si perdesse… Potresti dire a D. che sono fiera di lei???
    Grazie!!!
    Anch’io ci provo oggi a “dare”… chissà quante cose inaspettate possono arrivare!! 😉

    • Grazie Laly a te per aver dedicato del tempo a leggere questa storia 🙂
      Si, glielo dirò, sono sicura che le farà sicuramente molto piacere e che posso dirti già io il suo grazie per questo 😉

      Mi hai dato uno spunto per un’aggiunta: il desiderio di scrivere era anche per ricordarci che, a lei è successo un po’ più in grande ma … chissà in quante piccole occasioni quotidiane possiamo sperimentare questo “dare”! 🙂

  2. Stex says:

    Ciao Qg, grazie! 🙂
    Bello leggere questa storia, bello condividere pezzi di vita, bello ritrovarsi anche se lontani!
    Let’s do it together!

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