L’arena di Budapest in tanti colori,
GENte
“Budapest non dimenticherà questo chiasso” – Genfest 2012
Raccontare un Genfest non è semplice.
Non è semplice quando l’hai visto nascere e poi, in qualche modo, hai preso un’altra strada. E magari arrivi ora, per lo meno, a ripensare alla superficialità con cui per un bel pezzo forse gli hai dato il benservito, nemmeno poi bene per colpa sua.
Però per fortuna il Genfest non è stata la fiera delle mie paturnie (anche se insomma…), ma l’incontro di 12000 giovani per rifocalizzare tutti insieme, e renderlo visibile, il proprio impegno quotidiano alla fraternità.
Una festa.
Ma anche una carrellata di esperienze personali sull’impegno che tanti giovani ci mettono per vivere questa benedetta fraternità, facile a dirsi ma che nella pratica quotidiana sbatte contro noi, contro le difficoltà, le sofferenze, le ingiustizie…l’elenco è lungo.
E poi un rumoroso e fragoroso flashmob sul Ponte delle Catene di Budapest, incastonato nello splendore e nella suggestione delle luci della notte ungherese, dove tutto si specchia nel maestoso Danubio.
Un ponte che divide, ma sopratutto unisce due città, Buda e Pest.
E che si ritrova nel simbolismo scelto dai giovani, proprio attorno alla figura della costruzione di un ponte.
Il titolo del Genfest2012, “Let’s Bridge, agli anglofoni suonerà sbagliato perché in effetti non significa nulla. Ma forse può stare a ricordare che ognuno ha il suo personale “Let’s Bridge…”. Ognuno sa dove nella sua vita costruire ponti, dove deve sporcarsi le mani.
La bellezza di un Genfest è che porta in sè un messaggio universale, che va bene per me che in Dio credo, ma va bene anche per chi non crede. Perchè la fraternità non è un concetto per pochi, sono quei piccoli gesti quotidiani…una miriade di piccoli gesti quotidiani che ognuno deve, anzi, può compiere per come gli viene chiesto.
Certo. L’esperienza di un Genfest è unica: giri per un’arena piena di bandiere di tutto il mondo che ti danno un respiro più grande, ti sembra di vivere in un sogno, in una cosa bella, la “folla” ti mette adrealina, euforia.
Soprattutto senti la forza di un cammino fatto insieme, di una cordata che non ha bisogno di un dove, di un quando. Sai che almeno altri 11999 giovani come te si sono messi in quella cordata e si stanno mettendo in gioco.
Tutto vero. Ma il mio ponte, i miei ponti non me li possono costruire altri, tocca a me farlo. Quindi forza, che il “bello” comincia adesso.
Budapest, Torino … il mondo non dovrà dimenticare questo chiasso! (Avete riconosciuto la semicitazione?!)
Il vero amore
In questo silenzio così bello mi sta rispondendo che non ci possiamo fermare, amare, amare tutti, spaccarci il cuore per fare uscire il vero amore, quello nato dal dolore.
(Alberto Michelotti – Alberto e Carlo website)
Quelle vite così semplici da essere così straordinariamente vere, piene, libere.
Esempi ancora oggi.
Osare
Osare di guardare in Cielo per sapere cosa costruire sulla terra.
(Maria “Emmaus” Voce)
[ photo credit ]
Serata Film in Casetta – Little Miss Sunshine
Ieri sera 3° puntata delle serate cinema organizzate da un gruppo di amici – che di volta in volta cresce. In principio fu “Up”. La seconda volta si passò al multisala: “I pinguini di Mr. Popper” vs. “Midnight in Paris”. Io ho optato per la seconda.
E ieri terza puntata. “Little Miss Sunshin” vs. “Inception”. E questa volta ho scelto il primo.
Una stravagante famiglia americana: una indaffarata ed affettuosa madre, uno zio –omosessuale- intellettuale amante di Proust, appena sopravvissuto da un tentato suicidio, un padre con l’ossessione di pubblicare un manuale per essere vincenti nella vita, un nonno con il vezzo di sniffare e di guardare riviste hard, un fratello quindicenne con la fissa di Nietzsche ed infine, la piccola Olive, che desidera immensamente partecipare ad una competizione di bellezza x bambine che si svolge in California. Seppur devastato dalle sconfitte individuali, il gruppo decide di partire, con un fatiscente furgone, per consentire alla piccola di concorrere alla finale di “Little Miss Sunshine”. Ha così inizio un viaggio precario, denso di eventi drammatici e grotteschi, capace, però, di descrivere, fotografare e raccontare l’umanità dei cosiddetti perdenti. Nel dilagante e stressante mito del successo c’è forse posto anche per la normalità degli sconfitti, dei falliti, di coloro che hanno il coraggio di mostrare le loro imbarazzanti pecche, di esibirsi ed incassare le loro quotidiane amarezze. Non un film travolgente ma felicemente salutare. Da non perdere il finale.
Questo è uno dei commenti che ho trovato su internet sul film, mi sembra che descriva molto bene il film nel suo complesso.
Appuntamento alla prossima puntata della serata film in casetta (nella sperana che la vicina non ne abbia troppo a male della confusione generata dalla presenza di una 30ina di amici in un appartamento)!