L’anima libera

GabbianoL’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perché provi un senso di benessere quando gli sei vicino. (Charles Bukowski)

Domande, interrogativi. Condivisi, persi. Chiusi a doppia mandata. Là dentro, al sicuro.

Sì, se potessi scegliere qualcosa da “rubarle”, forse sceglierei quella libertà che leggo nei suoi occhi, che sento nelle sue parole, che traspare dalla semplicità dei gesti. Che non nasconde le difficoltà, ma le trova un senso. Quella libertà che sa ascoltare con le “mie orecchie”, che sa parlare con le “mie parole”, che fa sempre l’altro il proprio ‘io’.

Anime che ti innamorano dell’Amore: che te lo fanno vedere, te lo fanno sentire, te lo fanno immaginare, sembra quasi di poterlo dipingere o suonare talmente è bello. Perché loro lo sperimentano, non sono prediche. Umano, spirituale … è solo un aggettivo, qualcosa di secondario. L’Amore resta sempre Amore.

Che sia come un ricominciare, un ripartire da zero, un riscoprire, un nuovo conoscersi. Come se fosse la prima volta. E da custodire.

Un anno dopo

imageUn anno fa ero già ormai a casa. Finito di scaricare le valigie dal Frecciarossa che da Roma mi riportava a Torino.

Un viaggio di 5 ore a riassumerne un altro di 9 mesi, esatti come si trattasse di un parto, quasi. E in fondo un parto in qualche modo lo è stato.

E’ difficile raccontare perché non è stata soltanto un’esperienza fuori casa. E’ stato come se il tempo intorno a me si fosse fermato, come se qualcuno mi avesse preso e messo davanti ad uno specchio per conoscermi. Come se tutto fosse costruito intorno a me, perché tutto, ogni situazione, anche quello che poi dopo ho visto cambiare, io lo dovessi così. Partita all’avventura, non curante di tante cose, un po’ ingenua forse. E’ stato come mettere una linea di demarcazione nella mia vita, un prima e un dopo.

E’ partita una Daniela, ne è tornata un’altra. Come se in quei 9 mesi avessi fatto un viaggio al centro del mondo, al centro del mio mondo. Mi sono conosciuta, scoperta, piaciuta, ripudiata, persa e poi ritrovata. Ho ritrovato una strada che forse stavo perdendo. Ho scoperto il dolore, la scomodità, la difficoltà ma ho forse imparato a sopportare. Mi sarei arresa ad un certo punto, ma alla fine il giro l’ho fatto completo. Ho scoperto l’amore della mia famiglia, ho trovato sul mio cammino una quasi seconda “mamma”, che anche se da lontano mi ha messo più di una volta una mano in testa e mi ha accompagnato come soltanto certe poche persone esterne alla tua famiglia di sangue sanno fare. Tanto, troppo da dire di quei mesi. Tanto, troppo da dire anche di questo anno che è già trascorso dall’ultimo giorno passato a Grottaferrata.

E allora chiudo qui. Ma la strada continua.

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D&D, scaccia-farfalle

Un gesto. Aprire le finestre (quelle della stanza vista la temperatura) ma sopratutto quelle dell’anima, per fare uscire un po’ di farfalle, comuni e vaganti per lo stomaco.  Sono quei momenti che fanno un sacco bene e, in qualsiasi modo andrà a finire questa storia, rimarrano legati da qualche parte.

Non si finisce mai di  imparare, di scrutare, di dire grazie perché certe persone ti passano accanto e finiscono inevitabilmente per segnarti, ogni volta con lo stupore di come se fosse la prima volta che le “scopri”. Nella loro semplicità, nel loro darti un braccio quando gli hai chiesto un dito, senza farti pesare le tue complicazioni.

Così. Semplicemente così.

[ photos credit ]

Imparare a stupirsi

Un pomeriggio come tanti altri, che probabilmente si ripeterà tante altre volte, in effetti.

Tu a fare il tuo “lavoro”, solo che poi finisci per trovarti inconsapevolmente nel bel mezzo di un “ritorno” e guardandoti intorno senti il bisogno di imparare tante cose da quello che vedi nel modo d’essere di chi probabilmente, e non certo per la stanchezza del viaggio, in cuor suo vorrebbe non mettersi al centro della scena.

La semplicità dei rapporti, quel sapere stare al gioco, quel giusto ordine nelle cose, una buona dose di ironia… ma soprattutto: lo stupore.

Quello stupore davanti ad un biglietto trovato ad attenderti – no, non parlo di me – e che qualcuno ti ha fatto arrivare dalla Liguria recapitandolo al capotreno e che qualcun altro è andato a prendere dallo stesso capotreno in stazione a Torino, cose che alla mia mente ultra matematica potrebbero anche sembrare un po’ esagerate, ma da cui invece dovrei solo imparare perché – e di qui il senso dello stupore di chi si è sentita raccontare questa storia – raccontano di gesti concreti, che non mirano tanto alla forma ma alla sostanza delle cose.

Ecco, ieri sera tornando a casa speravo proprio questo: aver rimesso a fuoco questa voglia di non stancarmi in quello stupirsi dove pur tutto può essere ovvio.  E avere sempre voglia di stupire, e non con cose troppo ragionate, costruite. Così come vengono dal cuore.

E stamattina mi venivano in mente le parole di Jovanotti in una delle canzoni – forse non a caso – che più mi piace, “Fango”. C’è tutto.

ma l’unico pericolo che sento veramente

è quello di non riuscire più a sentire niente

il profumo dei fiori l’odore della città

il suono dei motorini il sapore della pizza

le lacrime di una mamma le idee di uno studente

gli incroci possibili in una piazza

di stare con le antenne alzate verso il cielo

io lo so che non sono solo

ps. Ci sarebbero tante cose da poter raccontare, è tanto che non scrivo più da queste parti e la vita è sempre molto creativa.  E chissà che non un giorno non ci riesca. Oggi volevo incastonare questo.