Due mondi in una spiaggia

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Questi giorni al mare portano dietro tante immagini, tanti suoni, tanti odori.

Ci sono però delle istantanee che in questo momento si fermano davanti agli occhi più di altre.

Lungo la spiaggia (che si estende su diversi chilometri), in diversi tratti, appena oltre il bagnasciuga si può fare lo slalom tra bancarelle di ogni genere.

Sembra di essere in un grande mercato all’aperto dove si può trovare di tutto: vestiti, braccialetti, borse, cappelli, custodie per cellulari, occhiali, cinture, giubbotti…

Ho camminato in questi giorni tante volte in mezzo a questo ‘corridoio’, comprando anche qualcosina. È un brulicare di persone che in costume, facendo una passeggiata, si ferma a guardare o a provare questo o quell’altro oggetto esposto.

Ho provato a guardare oltre, ai volti di questi uomini e donne che passano la loro giornata qui, nella speranza di metter su qualche soldo. E spesso, devo dire con un po’ di fastidio, li ho sentiti trattare male da chi alla fine cerca solamente lo sconto, come se il colore diverso della pelle fosse un buon motivo per doverlo ottenere.
Nel mio piccolo sono stata contenta di aver potuto comprare qualcosina da loro, che oltrettutto hanno anche sopportato il mio essere esigente, in fatto di vestiti.
E invece con calma e con un sorriso non si sono mai sottratti dal tenermi lo specchio, dal mostrarmi quel o quell’altro vestito o gonna di cui ero alla ricerca, non fare problemi per cambiare il colore di un capo, anche dopo l’acquisto.

Ed è stato bello poter scambiare con loro di parole, fare una battuta, chiedere il paese di provenienza. E così, siccome le passeggiate sono state frequenti, passando e ripensando, ormai con alcuni ogni volta ci si saluta.

Ma è quando la spiaggia si incomincia a spopolare, quando la luna fa capolino all’orizzonte sul mare e aria si fa fredda che si può raccontare la vera storia di queste persone che incominciano pian piano a vuotare le bancarelle. I più fortunati, dopo una giornata passata in piedi hanno da qualche parte una bicicletta un po’ scassata che aspetta loro e il saccone azzurro, grande quasi quanto loro, dove hanno racchiuso tutta la loro mercanzia.
I meno fortunati radunano le loro cose contro le reti di protezione che delimitano la spiaggia libera dagli stabilimenti. E dopo magari essersi sgranchiti le gambe con un po’ di ginnastica o dopo essersi inginocchiati per la preghiera, si cercano un cartone e si preparano per l’ennesima notte da dormire lì in spiaggia, riparati da una coperta.
Ma prima si armano di sacco azzurro e puliscono la spiaggia raccogliendo tutte le sporcizie lasciate dai bagnanti durante la loro giornata di sole e mare. E fanno questo probabilmente senza nessun ‘ritorno’.
E se tu li imiti, loro si offrono di prendertela e buttarla al posto tuo.

Li abbiamo visti le sere che ci siamo fermati a mangiare in spiaggia…e non sono mancate nascere domande incalzanti davanti a quelle scene.
Viene spontaneo porgere loro un panino, come ha fatto il mio papà, ma non può bastare a placare una sensazione di inadeguatezza che invade, perché quel panino vorresti moltiplicarsi per tutti.

Sembra quasi di vedere i contrasti frustranti della ‘corona di spine’ delle favelas delle grandi città sudamericane: la gente che si diverte in mare, che compra le pesche a 3.50 dal camioncino che va avanti indietro per la spiaggia, che si fa lasciare davanti al corridoio della spiaggia da n Suv o che sfreccia con la sua barca per la laguna. E dall’altra loro, che dal camioncino ‘comprano’ due banane, che la notte la passano in spiaggia e che la sera contano una dietro l’altra le monete che sono riusciti a racimolare nella giornata.
Due mondi a contrasto, uno di fianco all’altro. Anzi, uno dentro l’altro.

E allora ti viene da chiedere che cosa hai fatto tu per essere da una parte, e loro dall’altra. Domande che non hanno risposta.

Si percepisce una dimensione diversa: sbaraccando uno canta, l’altro sorride. Si vede un senso di ‘comunità’ che è il condividere insieme un destino, un pasto portato da una di loro che che una borsa frigo gli porge per pranzo una scatoletta di alluminio con qualcosa dentro.
Riescono ad essere felici con poco.
Tu guardi, osservi, ti senti impotente. E tutto stride in cuore. Tutto prende una dimensione diversa.

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