
Sono passate le elezioni, l’Italia non ha un Governo e forse non ce l’avrà a breve, perché chi dopo tanto volere è riuscito ad avere la bicicletta (che forse in fondo in fondo non voleva avere), ora ha paura a salirci sopra e pedalare.

Sono passate le elezioni, l’Italia non ha un Governo e forse non ce l’avrà a breve, perché chi dopo tanto volere è riuscito ad avere la bicicletta (che forse in fondo in fondo non voleva avere), ora ha paura a salirci sopra e pedalare.
Torino, Centro Immigrazione, 26 febbraio 2013. Paradossi.
Io confusa pensando alla situazione politica italiana appena delineata dal voto, davanti a me decine di
immigrati in coda per avere un permesso di soggiorno. Oggi. Mi ha fatto impressione.
E mi ha fatto riflettere.
Milioni di italiani che incominciano ‘metaforicamente’ a far le valigie e immigrati che sfidano il freddo per un pezzo di carta che gli permetta di starci, in Italia.
Le due facce di una stessa medaglia delle contraddizioni italiane.
O forse, andando oltre lo smarrimento, la desolazione il segno che nonostante tutto, anche dopo queste elezioni che ci consegnano un’Italia ingovernabile, possiamo e dobbiamo crederci. A maggior ragione se altri ci credono al posto nostro.
Forse ci viene data ancora una volta una chanche: è ora di rimboccarsi le maniche e scappare forse non serve. È qui che possiamo incominciare ad essere cittadini migliori, è qui che possiamo dare il nostro contributo per un’Italia migliore.
Sarà che nella vita l’ho provato, ma è solo facendo il giro completo che le cose poi trovano un senso.
Forza, Italia!
Ieri ho partecipato a Torino ad un incontro promosso dal Movimento Politico per l’Unità. Erano presenti diversi candidati alle prossime elezioni politiche nel territorio in diverse realtà politiche.
Diversamente da quanto si potrebbe pensare, non era un momento pensato per “propaganda politica”, ma per proporre loro, alla luce della legge elettorale che non ci permette una scelta, un patto “eletto-elettore“.
Il sistema democratico chiama i rappresentanti eletti a render conto del loro operato, soprattutto al momento del voto. Eppure oggi un numero crescente di elettori ritiene insufficiente che la propria partecipazione alla vita della polis si esaurisca con un tratto di matita sulla scheda elettorale. L’esigenza che i cittadini possano concorrere al lavoro politico dei rappresentanti durante lo svolgimento dell’intero mandato, in modi più ricchi di contenuto e continuativi, è una delle domande cruciali cui la democrazia moderna non ha ancora risposto. L’esperienza del «patto politico-partecipativo» tra eletti ed elettori, originale sperimentazione nata a metà degli anni ottanta nell’alveo della «cultura dell’unità», può essere considerata come l’apertura di un diverso orizzonte partecipativo. Di fronte al rischio di abbandonare ad un’élite la gestione dei processi di governo, si intravvede un’esperienza di democrazia riconsegnata alla cittadinanza, di un protagonismo politico della società civile costruito in maniera corretta, nel rispetto dei diversi orientamenti politici e delle differenti funzioni, ma in un quadro di unità del corpo sociale che si compone attraverso relazioni libere e orientate al bene comune.
Per ogni candidato l’impegno era quindi raccontare il come ‘rispondeva’ all’invito di aderire a questo patto e di impegnarsi nel provare a vivere il proprio possibile mandato parlamentare alla luce della fraternità. Il tutto senza quei siparietti a cui siamo abituati nei talk-show televisivi.
Utopie buoniste “raccatta-voti” da campagna elettorale? Può essere. Ma io ad esempio sono uscita con la mia idea di voto (che purtroppo per qualche mese potrò dare soltanto alla Camera) rafforzata, ma anche arricchita dalle altre sfumature che si intravedevano nelle altre forze. E con la sicurezza di potermi in qualche modo sentirmi rappresentata, nei modi e negli scopi, anche da chi si presenta sotto il cappello di un partito che non voterò. E, forte di questo patto, di poter in qualche modo poter “chiedere” conto o incoraggiare e suggerire anche a loro, in un impegno che va al di là dell’appartenenza politica.
L’obiettivo di fondo che ha animato questo appuntamento è quello che in parte sta a cuore anche a me. Ritrovare l’importanza dell’impegno politico, che non è sempre impegno partitico, ma prima di tutto il nostro vivere da cittadini. E ribadirci che la politica attuale non è tutta da buttare. Sopratutto, però, renderci coscienti dell’importanza per noi che rimaniamo qui di sostenere, pungolare, “esigere da” chi mandiamo a rappresentarci. In una parola, partecipare, non delegando in bianco, ma con consapevolezza. Ed è stato bello mettere per un attimo da parte la propria appartenenza politica per ragionare con un respiro più grande.
Qualcuno a margine proponeva di rivedersi tra uno, due anni, per fare insieme a loro un punto della situazione, per non perdere il filo incominciato ieri.
Se ci fosse stato il tempo avevo due pensieri in testa da dire ai candidati presenti, al di là della bandiera che rappresentavano e di quella che sceglierò il 24 febbraio.
E se qualcuno volesse aggiungere qualcosa per ampliare il contributo in questo “patto eletti-elettori”… i commenti sono sempre aperti!
[photo by FedericoOrta.com]
Ho da tanto, tantissimo tempo, il desiderio di spendere due righe sulla politica. Ho fatto qualche accenno recentemente nel mio post su Monti, ho in cantiere alcune riflessioni su questioni più specifiche, ma qui vorrei cercare di essere più generica.
Come nell’altro post, serve un po’ di pazienza per leggere tutto, dopo il salto.
E’ da tanto che ho in serbo di ritornare a scrivere di politica su queste pagine, ma mai ne avevo trovato il tempo. E anche perché diciamolo, scrivere della politica italiana non è semplice. Sarò lunga … se volete leggerlo tutto, prendetevi un po’ di tempo. Continue reading
Ogni tanto ho proprio l’impressione di immaginarmelo, il caro Mario Monti, aggirarsi per palazzo Chigi, guardarsi allo specchio e chiedersi: “Ma chi me l’ha fatto fare di mettermi a dover fare il vigile e a dirigere il traffico in mezzo agli schiamazzi altrui?”. So di attirarmi le antipatie di molti, ma io personalmente lo compatisco e in ogni caso – al di là di tante scelte magari non del tutto condivise – gli sarò grata di aver fatto anche da parafulmine dei litigi da cortile della nostra politica.
Al di là del se andrò a votare alle primarie, se non ci andrò. Di cosa voterò.
Leggo di sfuggita i titoli sui giornali online (ma anche a volte gli articoli) e mi sorgono due domande:
– ma i fiorentini sono contenti del fatto che Renzi sia sempre in camper in giro per l’Italia a fare un po’, diciamolo, gli “affari suoi” … della serie, Firenze chi la governa?!
– leggo che la corrente di Bersani ritenga Renzi reo di aver copiato parte del suo programma. Ma, facendo parte dello stesso partito, non dovrebbero essere contenti almeno su un punto di pensarla uguale? Che senso ha farsi la guerra? Perché possa arrivare a “godere” un terzo incomodo?
Bah. Cosa ho detto all’inizio? Se andrò. Ecco, se andrò.
Maurizio è un amico e un insegnante e ieri, mercoledì 21 marzo, era in gita a Roma. Ha portato i suoi allievi in Parlamento e questo è quanto ha condiviso su Facebook con alcuni suoi amici. Lo lascio qui, con il suo consenso, così, nudo e crudo come l’ho letto. Fa riflettere molto, soprattutto per il vuoto “educativo” che questi atteggiamenti descritti (sommati alle fette di mortadella e tutte le mascherate che forse non sono riusciti a scampare neanche loro) lasciano nell’animo dei giovani che domani dovranno recarsi alle urne – se lo faranno – con queste immagini nella mente.
C’è da rifletterci sù, cari politici. Ma seriamente. Anche io voglio il finale positivo. Certo, poter eleggere i nostri rappresentati può essere un primo punto di partenza. Ma può bastare o c’è da cambiare tutto un sistema, ci sono da cambiare gli atteggiamenti? Bisogna ridarci fiducia. E farlo in fretta.
Ragazzi/e devo raccontarvi un’esperienza a cui manca ancora un finale positivo. Ieri sono stato in visita in Parlamento con i miei allievi di 17/18 anni. Bene la prima parte della visita,perfetta, poi la seduta in aula. Cominciamo da
Rosy Bindi (la (vice nda) presidente) costantemente al telefono o a mandare sms…. dei 10 deputati prenotati a parlare solo 2 presenti. In aula max 30 persone. 3 dormivano… abbiamo contato 10 iPad aperti su facebook. In 10 minuti 4 squilli di telefono …. Insomma che vergogna! Un’allieva é scoppiata a piangere.. La mamma licenziata lavora a ore a 450€al mese… Insomma quale fiducia per questa politica? C’é bisogno di cambiare le regole del gioco. EleggiAMO l’Italia ma attenti anche a chi mandiamo a rappresentarci. Ora aspetto un finale diverso. Ciao

Nessun gioco è divertente se non ci sono regole condivise. E nessuna regola condivisa può essere scritta da una squadra sola.
Così abbiamo deciso di lanciare questo appello, pur facendo riferimento a orientamenti politici diversi: probabilmente alle prossime elezioni non voteremo neanche per lo stesso partito, ma abbiamo in comune il desiderio di riannodare il rapporto tra il Parlamento e i cittadini, tra la politica e la vita. E possiamo farlo solo cercando insieme un punto di convergenza e una generale condivisione in tempi brevi che conduca al varo di una legge elettorale veramente rappresentativa della volontà popolare. [Segue]
Cosa puoi fare?
Lo specchio (triste) dell'Italia (lo ammetto, mi sono fatta un giro sullo "Spazio Azzurro" del PDL
):
IL REFERENDUM PER IL NUCLEARE NON L'HO VOTATO MA SONO CONTENTA CHE E' PASSATO PERCHE' DOBBIAMO PENSARE AL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI