Sul tram – Le caramelle

C’è un bimbo qui vicino a me. Avrà al massimo 3-4 anni.
Ha la faccia ancora un po’ assonnata e interrogativa, la mamma tiene in mano la sua piccola cartella della scuola mentre in mano lui tiene un pezzo di merendina.

Un signore lo guarda, mette le mani in tasca e tira fuori un cioccolatino e una caramella. Li nasconde nel palmo della mano, si avvicina al bimbo e gli spalanca la mano: “Vuoi?” gli dice con un bel sorriso.
Il bambino guarda la mamma con un volto interrogativo e lei annuisce.
Il bimbo allunga la mano. “E come si dice al signore così gentile?”.

Il bimbo ci pensa un po’, e guarda la madre con quell’aria di ‘vergogna’ supplicante che sia la madre a compiere quel gesto.

“Dai, come si dice al signore?”, insiste lei.
“Grazie signore”, dice alla fine il bimbo abbozzando un sorriso.

Bene, anche la mia giornata può cominciare con un sorriso 🙂

Incontri digitali

Ogni tanto succedono episodi di incontri ‘digitali’ che lasciano un misto tra sorpresa e inquietudine.

Due episodi su tutti, entrambi recenti.

1 settembre.
Sono a Budapest al Genfest, in compagnia di almeno altre 12000 persone (stima per difetto). Nel programma serale facciamo una allegra sgambettata di qualche chilometro nel centro di Budapest verso il ponte delle Catene. Una volta lì sopra facciamo un flash-mob, forse il più grande mai fatto su di un ponte.
Uno dei gesti da fare è quello di scambiarsi ripetutamente delle sciarpette con chi ci troviamo vicino e così tutti facciamo.
Ad un certo punto, in questo turbinio di mani che si muove, faccio per scambiare una delle sciarpette ricevuta al giro precedente con un ragazzo avvolto nella sua grande bandiera spagnola.
Mi guarda e mi dice: “ma lo sai che io ti seguo su twitter?”.
Ora ripeto: eravamo 12000 persone, non 4 amici al bar.
Sono rimasta sconvolta per un bel 10 minuti: in mezzo a tutta quella gente ho incontrato uno che non conosco che mi ha riconosciuta come uno dei suoi following.

29settembre.
Anzi, a dire la verità il tutto comincia il 28.
Sempre su Twitter cerco la conversazione dsl joomladay, a cui avrei partecipato il giorno successivo.
Trovo un tweet di ‘ziopal’ che tra le altre cose ha postato la foto della Metro di sempre tutto finisce lì.
Il giorno dopo, ed eccoci al 29, giorno del JoomlaDay; salgo sul mio tram che fortunatamente mi permette di arrivare al PalaIsozaki abbastanza velocemente.
È sabato mattina, sono le 8.30, il tram è mezzo vuoto. Ad un certo punto salgono due che si piazzano davanti a me.
La deformazione ‘professionale’ mi fa squadrare loro e chi vedo salire per capire se stanno andando dove vado anche io.
Si, una rapida occhiata mi fa propendere per una risposta affermativa.

Poi tirano fuori lo smartphone, danno un’occhiata a twitter, qualche commento su tweet che scorrono nella loro timeline. Discutono sul fatto che il programma del mattino sarà poco interessante (e non avevano torto) e intusco che uno di loro sarà relatore del pomeriggio.
Io scendo, loro forse alla fermata successiva.
Perchè vi ho raccontato queste due storie?
Perchè al pomeriggio quando viene presentato come relatore ‘zioPal’, quello con cui avevo twittato la sera precedente, metto insieme i pezzi: era uno di quei due che stavano davanti a me sul tram! o_O    Allora gli twitto raccontandogli il nostro ‘incontro’ la mattina (con tutti i tram e tutti i posti dove ci si poteva fermare … ) e lui non collega subito la cosa, ma rimette insieme i pezzi qulche tweet più tardi. Una storia da romanzo la chiama. Beh, non ha tutti i torti.

Ecco la sorpresa mista ad inquietudine di questi 2 episodi.

Da una parte la sorpresa di incontrare senza accordo persone con cui si hanno interazioni virtuali.

Dall’altra l’inquietudine di dovervi dire, attenzione: il mondo è più piccolo di quello che sembra.

Registrazione Account: Google … ma che combini?

Sto cercando di registrare un nuovo indirizzo email su Gmail ma … non riesco!

Il problema è presto detto: inserisco tutti i dati ma ricevo un errore sul menù a tendina del mese e del maschio/femmina. Anche se correttamente selezionati restituisce un malinconico “valore non valido”. Da buona smanettatrice ho provato ad aggirare il problema usando i sistemi che permettono di manipolare i valori ‘al volo’ sulla pagina ma niente, non è servito.

Vedo che sono in ‘buona’ compagnia. Anche se spero che correggano la cosa al più presto, non è certo una bella cosa per Google lasciare il sistema di registrazione fallato. Io aspetto, ma magari qualcuno passa alla concorrenza! 😉

Cmq posso dirlo? Da programmatrice mi sento consolata: anche a Google lasciano dei mega bachi!

Aggiornamento: leggo – e ho appurato – che modificando la lingua del modulo (in basso a destra) e impostandola sull’inglese, il modulo di registrazione funziona. Il problema è quindi sul modulo in italiano – e continua a persistere, nonostante siano state aperte diverse segnalazioni sui canali ufficiali di Google. Mi ripeto: va bene che il servizio è gratuito e quindi non si può ‘pretendere’, ma dovrebbe essere nell’interesse di Google risolvere il più velocemente possibile (se vogliono mi offro :P) il problema.

Sul tram – Booooooom

Mamma, papà, figlio di 8 anni tirano improvvisamente fuori dalla borsa una Kinder Brioches per attenuare (immagino, se avessi qualcosa dietro pure io seguirei il buon esempio) la fame dell’orario pre-cena (oddio, a quest’ora a casa mia hanno già quasi finito di cenare).

I due genitori aprono, mangiano.
Il figlioletto giocherella con la sua brioches alla ricerca di un modo per aprirla, anche se da l’impressione di aver deciso come fare: creare un po’ di pressione e poi booom, aperta.
La madre deve aver intuito pure lei perchè si prodiga nelle spiegazioni di come fare.
Il figlio la guarda con un’aria furbetta che racconta in modo inequivocabile le sue intenzioni.
La mamma si raccomanda che non ci provi proprio a fare “rumore”, ma credo che sarà tutta energia sprecata, la sua.

Si gira per dire una cosa al marito, passano trenta secondi e …. “boooooom”, la brioches si è aperta e finalmente il bambino può divorarla!

Mentre sto scendendo dal tram il bimbo armeggia con il succo di frutta e mentre scendo do un ultimo sguardo al cartoccio che incomincia a prendere una forma molto sospetta, diciamo.

Che dite, anche il cartoccio del succo di frutta avrà fatto ‘boooom”? 😀

Sul bus – Primo giorno di scuola

Alcuni dei dialoghi sentiti tra gli studenti stamattina sull’autobus…stanno per riaprire le scuole, yeah!

“Io sarei voluta rimanere a casa per sempre…stamattina ci vogliono gli stecchini per tenermi in piedi”.

“Ma tu ce l’hai il diario?”

“Hai fatto il riassunto, quante pagine hai fatto?”.
“Io ne ho fatte 3 pagine”.
“Io non l’ho proprio fatto”.

” (…) e del museo Egizio che ci raccontavo, che ci sono andato 25 anni fa (…) ” – quando non eri ancora nato allora (nda)

“Stamattina qualcuno mi ha detto: la battaglia è appena iniziata, e tu hai le armi per combatterla”.

“Budapest non dimenticherà questo chiasso” – Genfest 2012

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Raccontare un Genfest non è semplice.
Non è semplice quando l’hai visto nascere e poi, in qualche modo, hai preso un’altra strada. E magari arrivi ora, per lo meno, a ripensare alla superficialità con cui per un bel pezzo forse gli hai dato il benservito, nemmeno poi bene per colpa sua.

Però per fortuna il Genfest non è stata la fiera delle mie paturnie (anche se insomma…), ma l’incontro di 12000 giovani per rifocalizzare tutti insieme, e renderlo visibile, il proprio impegno quotidiano alla fraternità.

Una festa.

Ma anche una carrellata di esperienze personali sull’impegno che tanti giovani ci mettono per vivere questa benedetta fraternità, facile a dirsi ma che nella pratica quotidiana sbatte contro noi, contro le difficoltà, le sofferenze, le ingiustizie…l’elenco è lungo.

E poi un rumoroso e fragoroso flashmob sul Ponte delle Catene di Budapest, incastonato nello splendore e nella suggestione delle luci della notte ungherese, dove tutto si specchia nel maestoso Danubio.
Un ponte che divide, ma sopratutto unisce due città, Buda e Pest.
E che si ritrova nel simbolismo scelto dai giovani, proprio attorno alla figura della costruzione di un ponte.
Il titolo del Genfest2012, “Let’s Bridge, agli anglofoni suonerà sbagliato perché in effetti non significa nulla. Ma forse può stare a ricordare che ognuno ha il suo personale “Let’s Bridge…”. Ognuno sa dove nella sua vita costruire ponti, dove deve sporcarsi le mani.

La bellezza di un Genfest è che porta in sè un messaggio universale, che va bene per me che in Dio credo, ma va bene anche per chi non crede. Perchè la fraternità non è un concetto per pochi, sono quei piccoli gesti quotidiani…una miriade di piccoli gesti quotidiani che ognuno deve, anzi, può compiere per come gli viene chiesto.

Certo. L’esperienza di un Genfest è unica: giri per un’arena piena di bandiere di tutto il mondo che ti danno un respiro più grande, ti sembra di vivere in un sogno, in una cosa bella, la “folla” ti mette adrealina, euforia.
Soprattutto senti la forza di un cammino fatto insieme, di una cordata che non ha bisogno di un dove, di un quando. Sai che almeno altri 11999 giovani come te si sono messi in quella cordata e si stanno mettendo in gioco.

Tutto vero. Ma il mio ponte, i miei ponti non me li possono costruire altri, tocca a me farlo. Quindi forza, che il “bello” comincia adesso.

Budapest, Torino … il mondo non dovrà dimenticare questo chiasso! (Avete riconosciuto la semicitazione?!)