La bambina con le treccine

BimbaLei è una piccola bambina africana. Avrà al massimo 2 anni, ma forse arrotondo per eccesso. Ha delle belle treccine e accompagna sulla spiaggia mamma e papà, che lì, ogni giorno, vengono per provare a vendere qualcosa: lui delle borse, lei seduta su una sedia intreccia tutto il giorno le mani creando sulle diverse teste che le si pongono davanti treccine, quasi come quelle della sua piccola bambina.

Lei, nella sua innocenza, sgambetta per la spiaggia con un costumino fucsia che la rende riconoscibile in mezzo a quel marasma di gambe che affollano il bagnasciuga, e permette ai suoi genitori di tenerla d’occhio.

E’ così graziosa che quasi sembra una bambolina e in poco tempo diventa l’attrazione di quel pezzo di spiaggia. Tanti si fermano, la guardano, le sorridono.

I genitori invece faticano a tenerla d’occhio mentre passa in rassegna tutte le palette e secchielli che incontra sul suo percorso. Ad un certo una signora si rende conto della loro difficoltà e si mette a giocare con lei, a controllarla come se fosse sua figlia.

Noi “adulti” pieni di pregiudizi, guardiamo e dobbiamo mettere in rilievo il colore diverso della pelle dell’altro. I bambini invece giocano insieme, si prestano le cose, non guardano se la mia pelle è bianca, la tua nera, se ci capiamo o non ci capiamo. Sono diversità che non pesano.

Ci sono lì due bambine che la tengono d’occhio, fanno in modo che non possa scappare, fanno un girotondo insieme, se la portano dietro sul bagnasciuga, le offrono le loro formine.

I bambini. Ho capito quando qualcuno tempo fa diceva che “dobbiamo rimanere come i bambini”. Spensierati. Alla ricerca dell’essenza delle cose, prima di tutto.

 

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