Perché non sono completamente d’accordo sul reddito di cittadinanza (e cosa propongo)

Sono passate le elezioni, l’Italia non ha un Governo e forse non ce l’avrà a breve, perché chi dopo tanto volere è riuscito ad avere la bicicletta (che forse in fondo in fondo non voleva avere), ora ha paura a salirci sopra e pedalare.

Non lo nego e mi dichiaro apertamente: la mia unica X permessa dall’età (per qualche mese non ancora 25enne), alla Camera, l’ho messa coscienziosamente e senza paura di dare un voto inutile, sul simbolo di Scelta Civica di Monti. A casa mia direbbero che sono una fan di Monti della prima ora, ma ho votato in base al programma proposto. E l’ho votato sopratutto perché corrispondeva ad un criterio molto importante, nella mia scelta: che la Politica sia servizio e sia un costruire, non un voler fare ostruzionismo e distruggere a suon di ‘vaffa’: quello siam tutti capaci a farlo!

E allora, proprio perché la politica deve essere non una guerra di bandiera, ma una strada verso il bene comune, che bandiera non dovrebbe avere … nonostante la “sconfitta” e il corrispondente boom del M5S, che devo dire non vedo tanto di buon occhio nel suo non avere mezze misure, non cercare compromessi (leggasi diplomazia), l’impressione di voler solo distruggere senza saper costruire … ecco, nonostante tutto provo io per prima a costruire, siccome il M5S vuole rappresentare i cittadini – e spero anche quelli di cui non hanno preso il voto (indacatemi, se sapete, a chi posso mandare queste riflessioni – no blog e forum dove le cose cadono nel vuoto e sono senza possibilità di rapporti personali).

Si fa un gran parlare in questi giorni del cosidetto ‘reddito di cittadinanza’, quella misura che Grillo vorrebbe introdurre e che “sembra oscillare fra un qualcosa di simile al sussidio di disoccupazione – che in tal caso coprirebbe solo i disoccupati – a un vero e proprio reddito minimo garantito, ovvero un social benefit i cui requisiti sono la cittadinanza italiana e assenza o insufficienza di reddito. Il benefit oscillerebbe dagli 800 ai 1000 euro mensili, una somma davvero alta se rapportata ai miseri stipendi medi italiani.” (1).

Ho provato a documentarmi per capirne di più e pure questo mi ha confermato un’idea: non sono d’accordo con questa proposta. O meglio, la girei in un sistema virtuoso, piuttosto, senza stare a fare paragoni con altri sistemi esteri (perché siamo solo noi a non farlo … non la trovo una buona giustificazione, ogni popolo ha una sua specificità e su quella vanno valutate le proposte).

Basterebbe un commento come questo, facile da pensare in Italia, per un primo motivo:

Io faccio l’impiegata ho più di 50 anni, e guadagno 1250 euro/mese, chi me lo fa fare di andare a lavorare, mi prendo il reddito di cittadinanza, me la spasso, e lasciò il posto a qualche fesso pentastellato. Contenti?

(letto da un commento qui)

Parto da una premessa doverosa, che spero sia capita. E’ giusto che lo Stato debba garantire ad ogni cittadino di poter ‘vivere’. Ma questo devo entrare nella giusta dinamica dove questo diritto corrisponde diametralmente ad un dovere che ognuno sente di dover compiere, per rispetto dello Stato che garantisce il diritto.

Punto 1. In Italia ho paura che una proposta del genere incentiverebbe al non lavoro. E’ brutto da dirsi, soprattutto per chi come me cerca di guardare al positivo delle cose, ma bisogna riconoscere che l’impressione è che come popolo – così parlo in generale  – non siamo pronti ad avere davanti a noi spalancata una scorciatoia del genere. Ok, si parla del fatto che lo Stato si debba occupare di trovare un lavoro, che dopo 3 rifiuti di un lavoro ciao ciao reddito di cittadinanza ma … basterebbe un sistema di controllo di questo genere? E non indurrebbe a lavorare di più in nero per ‘arrotondare’?

Punto 2. Attaccarsi alla questione “economica” mi sembra una visione un po’ miope, perché in fondo tutto “vale” solo se c’è la grana. Ma il lavoro non è solo la busta paga di fine mese. Il lavoro è anche una palestra di crescita per la persona, dove si imparano le regole, si impara a convivere con persone diverse, si imparano dinamiche di reciprocità. Lo posso dire sulla mia pelle: il lavoro, se fatto bene, fa crescere. Per questo il lavoro ha una dimensione molto importante nella nostra “educazione”, nella nostra realizzazione di persona. Perché con il nostro lavoro contribuiamo attivamente alla vita della collettività ed è questo che dovrebbe (anche) gratificarci. Non voglio sminuire il discorso economico, per carità, è importantissimo e gratificante anche quello. Ma ridurre il lavoro solo a “tu dare denaro, io dare cammelli” non da giustizia al grande ruolo che dovrebbe avere il lavoro nella vita di ognuno come persona.

Per questo trovo che questa proposta sia in qualche modo anche diseducativa, perché finisce per farci credere che si possa far quello che si crede, tanto c’è sempre qualcuno che penserà a noi.

Poi, per non cadere nell’errore che imputo ad altri, le cose non possono essere generalizzate.

Per questo non vedo la necessità di un reddito di cittadinanza (chi controlla come questo poi viene usato? Cioè, ognuno libero di spendere e spandere, ma anche qui dei controlli andrebbero fatti, a parer mio), ma piuttosto sento impellente trovare dei modi per creare il lavoro in modo che chi vuole davvero lavorare, abbia la possibilità di farlo. Un po’ come un vestito con un buco: posso sempre rattopparlo alla belle e meglio, lo userò una volta, ma alla prossima uscita mi troverò con il doppio del buco. Come a dire: siccome vogliamo rivoluzionare, vogliamo una nuova stagione: proviamo a risolvere il problema alla radice invece che continuare a tappare le falle?

Certo, non è un sistema che si improvvisa, quello di creare lavoro. Ma si possono incominciare a mettere le basi. Tutti penso siamo d’accordo che certi sprechi (certi costi della politica, della pubblica amministrazione e chi più ne ha più ne metta) vanno abbattuti. Ebbene, abbattiamoli! E quei soldi risparmiati investiamoli nel creare posti di lavoro: perché ad esempio non come una sorta di servizio civile continuativo retribuito per chi non ha un reddito? Di cose ‘concrete’ da fare, nella nostra Italia, ce ne sono tante, a parteire dal cortile della scuola di mia sorella dove sono anni che staziona fogliame di ogni genere! E questo stipendio, non sarebbe un po’ una sorta di reddito di cittadinanza, ma girato dal verso costruttivo, non qualcosa di “dovuto”, ma di guadagnato?

Perché davvero, la mia preoccupazione in fondo a questa proposta è che finisca per creare una mentalità del “tutto è dovuto”. No, non è tutto dovuto. Tutto va (onestamente) guadagnato.

Siccome qualcuno me lo ha fatto notare nei commenti, una doverosa precisazione.

Non sono a priori contro il reddito di cittadinanza, a maggior ragione guardando e rendendomi conto della situazione attuale. Ogni cosa che può essere un aiuto nell’immediato per contenere le conseguenze della crisi è ben accetta! Quello che io auspico è che a questa o ad altre misure che possono essere prese nell’immediato come “tappo per la falla” si accompagnino anche politiche che, creando virtuosamente lavoro, evitino nuovamente di dover ricorrere a soluzioni di questo genere che possono essere sostenibili in un breve periodo, ma che sul lungo periodo diventerebbero una zavorra per lo Stato. E che, in presenza di lavoro per tutti, permetterebbero di renderci responsabili davanti alla propria coscienza, rendendo giustizia a chi davvero vorrebbe lavorare e mettendo in evidenza chi invece si ostina a non volervo fare.

Mi piacerebbe poter aprire un dibattito su questo tema, così magari su altri. I commenti sono aperti, oppure se sapete di qualcuno che può essere interessato potete indirizzarlo verso questa pagina.

E’ vero, la forza politica che ho votato non ha la maggioranza e non potrà fare la differenza ma questo non mi esime dal sentirmi, a maggior ragione in questo periodo, attivamente chiamata a contribuire al bene della mia Italia.

4 thoughts on “Perché non sono completamente d’accordo sul reddito di cittadinanza (e cosa propongo)

  1. luciov says:

    Cara signora,forse non si accorta che qualche milione di persona ha perso il lavoro in questi ultimi anni, ma non perchè non vogliono lavorare, semplicemente perchè il lavoro si è spostato da altre parti dove costa meno Vede io lavoro nel settore idrico e purtroppo nelle mie mansioni c’è anche quella di togliere l’acqua per morosita ,per me è quasi giornaliera questa attivita’,io li guardo negli occhi queste persone e in tutte, vedo sempre la stessa espressione sono arrivate alla frutta .Mi augoro signora che questo a lei non accada mai, io non vado a messa ma le posso garantire che molte notti non dormo

    • La ringrazio per il suo commento e mi spiace di non essere riuscita ad essere chiara nel mio post.
      Quella che lei descrive non è certo una situazione che mi sia sfuggita o che non veda, anche perché la vivo in famiglia la realtà di chi ha perso un lavoro e non riesce a trovarne un altro.
      Forse anche nel post proverò a spiegarlo meglio: non sono a priori contro il reddito di cittadinanza, a maggior ragione guardando e rendendomi conto della situazione attuale. Ogni cosa che può essere un aiuto nell’immediato per contenere le conseguenze della crisi è ben accetta! Quello che io auspico è che a questa o ad altre misure che possono essere prese nell’immediato come “tappo per la falla” si accompagnino anche politiche che, creando virtuosamente lavoro, evitino nuovamente di dover ricorrere a soluzioni di questo genere che possono essere sostenibili in un breve periodo, ma che sul lungo periodo diventerebbero una zavorra per lo Stato. E che, in presenza di lavoro per tutti, permetterebbero di renderci responsabili davanti alla propria coscienza, rendendo giustizia a chi davvero vorrebbe lavorare e mettendo in evidenza chi invece si ostina a non volervo fare.
      Spero di essere stata più chiara questa volta!

  2. Ottima analisi 🙂 la condivido da tempo e son contento di averla letta anche da chi non ha votato come me! Significa trasversalità del dubbio e dell’incertezza!!!

  3. Mi fa piacere si rifletta attorno a questo tema, perché penso sia molto importante in un ottica di equità sociale. In particolare, penso possa essere uno strumento capace di dare maggiori opportunità di realizzazione personale a chi si ritrova senza strumenti economici.
    A proposito, c’è un interessante analisi di questo tema nella politica italiana su http://blog.openpolis.it/2014/12/04/reddito-minimo-garantito-una-riforma-che-serve-e-che-si-puo-fare/
    Un dibattito a riguardo sarebbe proprio interessante 🙂

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