Grazie, Benedetto


Ieri mentre il Papa (a quell’ora non era ancora Emerito) sorvolava Roma il pensiero era tutto per l’uomo Ratzinger.

Qualche minuto prima aveva salutato tutti, il suo segretario si era commosso. E poi l’elicottero si era alzato.
Io guardavo il tutto da un buchetto dello schermo emozionata come se stessi accompagnando alla partenza un amico intimo.

Guardando di sfuggita quell’elicottero bianco sorvolare Roma cercavo di immedesimarmi e mi chiedevo quante e quali instantanee gli passassero negli occhi, per la testa, in cuore. Poi l’ho visto a Castel Gandolfo, in quel luogo per me anche così familiare e che con i suoi grandi alberi al tramonto lascia sempre negli occhi molta suggestione.

Ed era ancora si, stanco, ma sereno, tranquillo. L’ultima cosa che ha detto è stata: buonanotte, la cosa più semplice che poteva uscire dalla sua bocca. Un’ultima, ulteriore lezione di ‘normalità’.

Preso dall’emozione, Benedetto ha sbagliato la formula della benedizione. Un Papa umano. Si è girato e in quel momento la brezza leggera dei Castelli faceva ondeggiare in un’immagine suggestiva il drappo posto sul balcone da cui Benedetto si era appena congedato per l’ultima volta.

Solo la storia saprà dirci la grandezza di questo Papa, che ho faticato ad amare all’inizio e che ho incominciato ad apprezzare tardi, nel momento in cui anche nella mia vita ho incominciato a fermarmi, a leggere tra e dentro le cose.

E che adesso già un po’ mi manca.
Grazie, Benedetto.

L’ultima eredità di BXVI

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Il Papa stamattina ha salutato i cardinali per l’ultima volta prima di ritirarsi a Castelgandolfo, diventando “Papa emerito” nell’attesa che il conclave elegga il prossimo. Mi ha colpito in modo particolare un passaggio del suo discorso:

“Il collegio dei cardinali sia come un’orchestra dove le diversità concorrano alla superiore armonia”

Mentre lo ascoltavo mi sembrava la consegna fatta ai figli di un padre che parte: stringersi intorno a “quel vuoto” e restare più uniti, ritrovare la dimensione dell’insieme, della famiglia. Ecco, in fondo mi sembrava di scorgere che il Papa, nel suo atto più grande di umiltà e servizio ci sproni e ci lasci una strada, un’eredità, non solo utile per la Chiesa in questo momento, ma valido anche e soprattutto nel nostro quotidiano. Si rema tutti insieme.

#3cosebelle

2192oudAttraverso Twitter sono arrivata a questo post, che mi è piaciuto molto. Uno stralcio:

Ho iniziato a cercare 3 piccole cose belle nelle mie giornate perché ci sono molte cose della mia vita che non mi piacciono.
Accantonato il progetto di andare a vivere in Australia, mi ritrovo qui, in uno Stato che non mi piace, a fare ogni giorno la stessa strada, trascorrere spesso giorni monotoni, ogni tanto sentirmi sola.
A un certo punto mi sono resa conto che rischiavo di deprimermi, quindi ho cercato un appiglio, qualcosa che mi facesse sentire che anche la giornata di oggi aveva avuto qualche attimo positivo, che aveva avuto un senso.
Perché se io morissi oggi, vorrei pensare che le 24 ore appena trascorse non sono state del tutto inutili.
Da lì è nato l’hashtag #3cosebelle, che mai avrei pensato potesse darmi così tanti attimi di serenità.
Per prima cosa, ho scoperto che mi piace, ripensare alla giornata appena trascorsa: durante il giorno mi ritrovo a pensare «Ecco, questa potrebbe essere una delle 3», e così involontariamente mi godo di più le piccole cose.

Forse partiamo da punti di prospettiva diversa (chi mi conosce sa che cerco di guardare le cose quando riesco da un lato positivo ), ma l’idea che propone mi è piaciuta molto.

Soprattutto perché prendersi questo “impegno” presuppone guardare le cose nelle loro intere sfumature, cercare di non fare le cose meccanicamente, ma soppesarle. “Sarà una delle 3 cose belle di questa giornata”?

Ma soprattutto, ci aiuta a tornare a guardare le cose con gli occhi dei bambini, ad essere semplici, a ricercare le sfumature delle piccole cose, dei piccoli gesti.

Non posso dire che lo farò ogni giorno, però è un impegno che mi prendo volentieri. E se volete contribuire a far circolare “felicità”, basta twittare qualcosa con l’hashtag #3cosebelle. O altrimenti ogni tanto fateci un giro, vi ruberà sicuramente un sorriso vedere quanto di bello (e a modo suo anche originale) ognuno riesce – a volte con fatica – a cogliere nel proprio tran tran quotidiano! Per ricordarci che non tutto è da “buttare”!

ps: ricopio qui le mie #3bellecose di oggi: il cielo blu turchese che saluta #torino, un mail dal #messico, il sorriso di una bimba al suo papà sul tram

Dove comincia la Pace

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Da ognuno di noi, ogni giorno, ogni momento, in ogni gesto.

Oltre i muri. Aprire un breccia in quelli che ogni giorno costruiamo, anche senza accorgercene.

Capire, comprendere, ascoltare. Scusare, aspettare.

E come al solito lo dico prima di tutto a me stessa.

(Amore che) Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

Il fairplay di Ivan Fernandez Anaya

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Il bell’esempio. Il gesto nobile, quello che per un volta fa più discutere delle polemiche, quelle solite, legate allo sport. Accade in Spagna qualche settimana fa: nella zona di Pamplona si tene un importante gara di cross country e il keniano Abel Mutai, 24 anni, medaglia di bronzo nei 3000m siepi ai Giochi Olimpici di Londra, è in procinto di tagliare il traguardo del Burlada.
Mancano pochissimi metri, il keniano, che ha dominato la corsa, rallenta in prossimità del traguardo credendo di essere arrivato, di aver finito la corsa. Frena il passo e getta un occhio al suo orologio. Ma non è così: il traguardo è poco più in là e per vincere Abel deve tagliarlo, solo che non se ne è accorto. Ecco che arriva da dietro un altro concorrente, lo spagnolo Ivan Fernandez Anaya: potrebbe superare e battere il bronzo di Londra ma…non lo fa, anzi, gli indica che non è ancora finita. E arriva, con grande fair play, secondo. Un gesto riportato da tutte le pagine dei quotidiani spagnoli. “Io non meritavo di vincere – ha detto lo spagnolo – Ho fatto quello che dovevo fare. Lui era il legittimo vincitore”.

Le cose belle sono fatte da piccoli gesti come questi. Che fanno ancora clamore, nel nostro essere continuamente intrisi in un mondo che sa parlare solo al negativo. Ma che possono darci il coraggio di sapere che per ‘cambiare il mondo’ bastano spesso gesti semplici.

Io oggi ho (ri)imparato qualcosa.

Qui sotto il video.

[fonte: HuffingtonPost]

Sul tram – Le caramelle

C’è un bimbo qui vicino a me. Avrà al massimo 3-4 anni.
Ha la faccia ancora un po’ assonnata e interrogativa, la mamma tiene in mano la sua piccola cartella della scuola mentre in mano lui tiene un pezzo di merendina.

Un signore lo guarda, mette le mani in tasca e tira fuori un cioccolatino e una caramella. Li nasconde nel palmo della mano, si avvicina al bimbo e gli spalanca la mano: “Vuoi?” gli dice con un bel sorriso.
Il bambino guarda la mamma con un volto interrogativo e lei annuisce.
Il bimbo allunga la mano. “E come si dice al signore così gentile?”.

Il bimbo ci pensa un po’, e guarda la madre con quell’aria di ‘vergogna’ supplicante che sia la madre a compiere quel gesto.

“Dai, come si dice al signore?”, insiste lei.
“Grazie signore”, dice alla fine il bimbo abbozzando un sorriso.

Bene, anche la mia giornata può cominciare con un sorriso 🙂