Le quattro moschettiere & co

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Le nostre quattro moschettiere. Forza, tenacia, tecnica, esperienza, cuore. Non c’è stata quasi mai partita, a parte quelle ultime stoccate finali che non ne volevano proprio sapere di entrare ma alla fine han dovuto pure loro cedere. Campionesse olimpiche. Noi, seduti e appollaiati sul divano a spingere, sostenere, incoraggiare le nostre ragazze. Loro sulla pedana a mettere a segno le 45 stoccate vincenti. Due scene però vorrei sottolineare. Il coach italiano che fa il cambio per permettere anche alla riserva di calcare la pedana e potersi mettere al collo quella benedetta medaglia. E poi il podio. Le nostre che cantano l’inno tenendosi per mano, muovendosi in sincro sulle note di Mameli. Ma ancora di più la foto di rito del podio, dove le atlete italiane si stringono per far posto alle russe e coreane e abbracciano affettuosamente le avversarie. Cose di altri tempi, se guardiamo in casa nostra. Sono un po’ “romantica” in queste cose lo so. Ma sarebbe stato bello gli italiani avessero preso la macchina per fare caroselli. Perchè non c’è solo il calcio. Ci sono ragazze e ragazzi che per 4 anni si sono fatti un mazzo tanto inseguendo un sogno. Raggiunto o no, sono l’orgoglio di quell’Italia che lavora in silenzio, si tira su le maniche e lontano dai riflettori sa stupire.

Sul tram – La cosa più temuta

La cosa più temuta dagli abituali frequentatori dei bus e tram è il vedere alla fermata in cui si sta arrivando una scolaresca distribuita (ma d’estate il discorso allargatelo tranquillamente alle estati ragazzi), più o meno (spesso meno) ordinatamente sulla banchina.
E sperare per un momento che no, non debbano salire lì, dove sei tu. E nella frazione di secondo successiva doversi arrendere all’idea che no, saliranno proprio lì.

E quindi sotto con schiamazzi, maestre, insegnanti, educatori che tentano di tenerli a bada perchè per alcuni salire sul tram diventa quasi come andare alle giostre. Lo spazio è già quello che è, ma loro vorrebbero sempre andare da un capo all’altro per stare con l’amico, “devo dire una cosa a Mattia”…piccoli moti perpetui tra urli, scherzi, musica di Gigi D’Alessio a palla…

Ma il momento topico è quando da un capo all’altro del bus si leva la voce: “scendiamo alla prossima fermata”. E lì scatta il panico, si fa tutto un eco e un “passaparola” vociante in modo che nessuno si dimentichi di scendere.
Poi arriva fialmente la fermata e un altro grido, più perentorio del primo: “si sceeeeende”.
Apriti sesamo. Incomincia una corsa a chi scende per primo, quasi alla fermata ci sia un premio per chi taglia il traguardo.
Ma nonostante questo immancabilmente qualcuno deve essere preso a forza per un braccio e tirato giù. È allora che scatta la frase tipica, dell’accompagnatore1 all’accompagnatore2: “Sono scesi tutti?”. La risposta, 99 volte su 100 è fortunatamente positiva.

E fino alla prossima scolaresca, di nuovo un po’ di quiete. Ma in fondo in fondo: quanto avrei voluto essere uno di quei bambini?