Alcuni candidati

Un patto “eletti-elettori”

Alcuni candidatiIeri ho partecipato a Torino ad un incontro promosso dal Movimento Politico per l’Unità. Erano presenti diversi candidati alle prossime elezioni politiche nel territorio in diverse realtà politiche.

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, non era un momento pensato per “propaganda politica”, ma per proporre loro, alla luce della legge elettorale che non ci permette una scelta,  un patto “eletto-elettore“.

Il sistema democratico chiama i rappresentanti eletti a render conto del loro operato, soprattutto al momento del voto. Eppure oggi un numero crescente di elettori ritiene insufficiente che la propria partecipazione alla vita della polis si esaurisca con un tratto di matita sulla scheda elettorale. L’esigenza che i cittadini possano concorrere al lavoro politico dei rappresentanti durante lo svolgimento dell’intero mandato, in modi più ricchi di contenuto e continuativi, è una delle domande cruciali cui la democrazia moderna non ha ancora risposto. L’esperienza del «patto politico-partecipativo» tra eletti ed elettori, originale sperimentazione nata a metà degli anni ottanta nell’alveo della «cultura dell’unità», può essere considerata come l’apertura di un diverso orizzonte partecipativo. Di fronte al rischio di abbandonare ad un’élite la gestione dei processi di governo, si intravvede un’esperienza di democrazia riconsegnata alla cittadinanza, di un protagonismo politico della società civile costruito in maniera corretta, nel rispetto dei diversi orientamenti politici e delle differenti funzioni, ma in un quadro di unità del corpo sociale che si compone attraverso relazioni libere e orientate al bene comune.

Per ogni candidato l’impegno era quindi raccontare il come ‘rispondeva’ all’invito di aderire a questo patto e di impegnarsi nel provare a vivere il proprio possibile mandato parlamentare alla luce della fraternità. Il tutto senza quei siparietti a cui siamo abituati nei talk-show televisivi.

Utopie buoniste “raccatta-voti” da campagna elettorale? Può essere. Ma io ad esempio sono uscita con la mia idea di voto (che purtroppo per qualche mese potrò dare soltanto alla Camera) rafforzata, ma anche arricchita dalle altre sfumature che si intravedevano nelle altre forze. E con la sicurezza di potermi in qualche modo sentirmi rappresentata, nei modi e negli scopi, anche da chi si presenta sotto il cappello di un partito che non voterò. E, forte di questo patto, di poter in qualche modo poter “chiedere” conto o incoraggiare e suggerire anche a loro, in un impegno che va al di là dell’appartenenza politica.

L’obiettivo di fondo che ha animato questo appuntamento è quello che in parte sta a cuore anche a me. Ritrovare l’importanza dell’impegno politico, che non è sempre impegno partitico, ma prima di tutto il nostro vivere da cittadini. E ribadirci che la politica attuale non è tutta da buttare. Sopratutto, però, renderci coscienti dell’importanza per noi che rimaniamo qui di sostenere, pungolare, “esigere da” chi mandiamo a rappresentarci. In una parola, partecipare, non delegando in bianco, ma con consapevolezza. Ed è stato bello mettere per un attimo da parte la propria appartenenza politica per ragionare con un respiro più grande.

Qualcuno a margine proponeva di rivedersi tra uno, due anni, per fare insieme a loro un punto della situazione, per non perdere il filo incominciato ieri.

Se ci fosse stato il tempo avevo due pensieri in testa da dire ai candidati presenti, al di là della bandiera che rappresentavano e di quella che sceglierò il 24 febbraio.

  1. Mi piace l’idea di rivedersi tra un po’ di tempo per fare il punto della situazione, anche su come va il lavoro di “fraternità” in Parlamento. Ma penso che un lavoro molto utile potrebbe essere quello di far circolare il più frequentemente possibilie tutta quella buona politica che rimane sempre sommersa dalle urla dei talk-show e dei giornali. E ci penseremo noi ad amplificarla!
  2. una delle battute più ricorrenti che si sentono è che in campagna elettorale tutti promettono e poi una volta arrivati a Roma tutto si dissolve. In parte è vero. Ma penso che noi cittadini dobbiamo fare lo sforzo di capire – e penso ognuno lo possa sperimentare sulla sua pelle anche nelle piccole cose – che le cose non siano così semplici, là a Roma. Parlo avendo fatto, e facendo ancora adesso un’esperienza del genere. Che trovarsi dall’altra parte della barricata da modo di vedere le stesse situazioni da una prospettiva inevitabilmente diversa e questo può portare anche a contraddirsi. Ai futuri parlamentari chiedo questo: che ovviamente ce la mettano tutta nel cercare di portare avanti gli impegni presi, ma anche non scoraggiarsi nel caso non ci si riesca. Sarebbe bello che riescano ad avere tempo per spiegarci il perché e per come di una determinata scelta. Perché noi da qui, non avendo in mano la visione generale e tutti gli elementi, siamo portati per natura a giudicare una questione per come la vediamo, nella sua apparenza. Questa è per me la vera trasparenza: renderci partecipi delle scelte fatte allargandoci le visioni per permetterci di capire il perché e il percome. Scelte che magari continueremo a non condividere, ma almeno ci saranno chiare. In cambio, io personalmente mi prendo l’impegno di provare a dare a loro la Fiducia.

E se qualcuno volesse aggiungere qualcosa per ampliare il contributo in questo “patto eletti-elettori”… i commenti sono sempre aperti!

[photo by FedericoOrta.com]

La vera forza è rialzarsi

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Alex Schwazer è salito, suo malgrado, agli onori della cronaca la scorsa estate non per la medaglia che avrebbe potuto appendersi al collo e che difendeva, ma per una brutta storia di doping.

Alex ha sbagliato. Oppresso dalle aspettative, dalla paura di non farcela e di non poterle onorare. Chissà, il mondo dello sport, ad un certo livello nasconde sicuramente dinamiche e insidie quanto mai complesse.
Forse si può arrivare al punto di dover vincere, a tutti i costi.
E così si può rischiare di prendere delle scorciatoie che però alla fine (si veda anche il recentissimo caso di Armstrong) possono aiutare fino a un certo punto.

La sua intervista a luglio, o agosto che fosse, mi aveva commosso. Sarò sensibile, sarò sempre illusa, ma vedere quel ragazzotto così fragile confessare piangendo, con la testa bassa, mi aveva fatto compassione.

Ricordo che la cosa che mi aveva colpito era quel dire che in fondo lui quel controllo con cui l’avevano pizzicato l’avrebbe potuto saltare, era un suo diritto.
Ma quella menzogna che si portava dentro era ormai diventata troppo pesante.

Nessuno può negare lo sbaglio, ma in quella immagine c’era un uomo che consapevole del proprio errore si metteva alla gogna, con l’umiltà. A differenza di chi per anni ha fatto la voce grossa, si è difeso sprergiurando e facendo terra bruciata intorno a chi provava ad insinuare il più piccolo dubbio.

Quella conferenza stampa e l’intervista che Alex ha rilasciato ieri su La7 andrebbero fatte vedere nelle scuole, nei gruppi sportivi. Andrebbero fatte vedere da ogni genitore ai propri figli.

La storia di Alex ci insegna che non siamo perfetti, che possiamo sbagliare.
Ma sopratutto che la noatra forza non sta nel non sbagliare mai, ma nel saper riconoscere il proprio sbaglio e darsi una seconda possibilità, quella di Ricominciare.

Forza Alex, adesso è l’ora di rialzarsi! La medaglia più bella la potrai conquistare adesso!

Il fairplay di Ivan Fernandez Anaya

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Il bell’esempio. Il gesto nobile, quello che per un volta fa più discutere delle polemiche, quelle solite, legate allo sport. Accade in Spagna qualche settimana fa: nella zona di Pamplona si tene un importante gara di cross country e il keniano Abel Mutai, 24 anni, medaglia di bronzo nei 3000m siepi ai Giochi Olimpici di Londra, è in procinto di tagliare il traguardo del Burlada.
Mancano pochissimi metri, il keniano, che ha dominato la corsa, rallenta in prossimità del traguardo credendo di essere arrivato, di aver finito la corsa. Frena il passo e getta un occhio al suo orologio. Ma non è così: il traguardo è poco più in là e per vincere Abel deve tagliarlo, solo che non se ne è accorto. Ecco che arriva da dietro un altro concorrente, lo spagnolo Ivan Fernandez Anaya: potrebbe superare e battere il bronzo di Londra ma…non lo fa, anzi, gli indica che non è ancora finita. E arriva, con grande fair play, secondo. Un gesto riportato da tutte le pagine dei quotidiani spagnoli. “Io non meritavo di vincere – ha detto lo spagnolo – Ho fatto quello che dovevo fare. Lui era il legittimo vincitore”.

Le cose belle sono fatte da piccoli gesti come questi. Che fanno ancora clamore, nel nostro essere continuamente intrisi in un mondo che sa parlare solo al negativo. Ma che possono darci il coraggio di sapere che per ‘cambiare il mondo’ bastano spesso gesti semplici.

Io oggi ho (ri)imparato qualcosa.

Qui sotto il video.

[fonte: HuffingtonPost]

TicTac … e l’antitaccheggio

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Ecco, diciamocelo: sono una grande fan dei Tic-Tac. Per questo giro spesso ne ho in borsa una confezione pronta per ogni evenienza. Però oggi pomeriggio ho imparato una cosa: che dopo averli comprati è sempre bene controllare se sulla confezione è presente un bel codice a barre ‘magnetizzato’ (anti-taccheggio, presumo) e nel caso farfelo smagnetizzare. Altrimenti potrebbe capire pure a voi che entrando in un qualsiasi negozio suoni l’aggeggio di controllo antitaccheggio. Così, giusto per evitare l’imbarazzo di sentirsi osservati dai presenti come il peggior ladro… Tutto per una semplice confezione di TicTac 😀

Aspettando i Maya – 2

  • Ho scoperto che quando non so dire ti amo, manco d’amore;
  • Ho scoperto che quando ho bisogno di appagamento esterno, manco di amore;
  • Ho scoperto che quando solo l’applauso mi rende felice, manco d’amore;
  • Ho scoperto che quando agisco per scrupolo di coscienza, manco d’amore;

On the road – L’accompagno io

Stamattina a Torino nevica.
Ero quasi arrivata in ufficio quando mi sono imbattuta in una signora filippina che chiedeva informazioni ad un signore. Inizialmente lui aveva capito che lei volesse andare al centro immigrazione e così le ha indicato la porta di ingresso, ci erano praticamente davanti.

Lei però gli dice che no, sta cercando l’ufficio della guardia di finanza. Insomma, interpretando un po’ quello che dice capiamo che sta cercando l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Che si, è in zona.
Il signore cerca di spiegarle la strada ma si rende subito conto che la signora fa difficoltà ad orientarsi.
“Ma guardi, l’accompagno io così non si perde”.
Io proseguo per la mia strada, loro li vedo perdersi dietro l’angolo.

Piccoli gesti.

Perfettamente in fila

Tutti i giorni passo davanti al centro immigrazione.
È sempre un via vai di persone, facce che raccontano di mille storie, mille esperienze, fatiche, speranze e sogni.

Qualcuno che corre perché in ritardo, con tutti i documenti in mano, o quando va bene dentro ad una cartellina. Altri che magari si son dimenticati la fototessera per i documenti e che se ne fanno fare una al volo al chioschetto ambulante che staziona davanti alla porta di ingresso, con i suoi odori (puzza di fritto solitamente) e la sua musica sparata a tutto volume. Basta sedersi su uno sgabello di plastica con dietro uno sfondo bianco, e il fido ragazzo che fino a tre minuti fa cucinava nel suo centimetro quadrato si arma di una digitale compatta e ti scatta una foto. Poi te la stampa con la stampante et voilà, ecco la tua fototessera. Tutto molto improvvisato.

Questo angolo è proprio un piccolo pezzo di mondo, e non solo per le variegate lingue che capita di sentire, o per i diversi colori che capita di vedere.

Stamattina arrivando ho visto una coda di ragazzi africani che sfidando il gelo di questi giorni aspettavano di poter entrare.

Le conoscete quelle grandi ammucchiate all’italiana? Quella dell’entro prima io, ero in coda da quindici anni, lui mi teneva il posto, non sai chi sono io, etc. L’avete presente? Chi non l’ha mai vissuto una volta, in banca, al supermercato, alla posta …
Ecco, per un attimo dimenticate tutto ciò e immaginatevi tanti ragazzoni in fila, uno per uno, con una grande compostezza, con ordine.
Nessuno che cerca di saltare la fila, nessuno che protesta o sovrasta gli altri.

Mi sono fermata a contemplare quella bella immagine e gli ho lasciato un sorriso.

E’ vero, l’educazione e il rispetto delle regole non hanno nazionalità. Ma stamattina mi dicevo che noi italiani avevamo qualcosa da imparare.

Permesso di soggiorno

Ricevo e ripubblico (ho solo adattato alcune parti per renderle comprensibili a tutti) questa ‘esperienza’ (massì, chiamiamola così) che S. mi ha mandato pensando che potesse stare tra queste pagine.
La ringrazio perché chi mi segue sa che mi piace pubblicare questi piccoli fatterelli che danno ancora speranza a questo nostro piccolo grande mondo.

E raccontarcele non vuol sempre dire ‘fare le sborone’ o essere poco modesti. Può dare la forza ad altri per provarci.

Pomeriggio libero dal tirocinio, vado a Frascati a comprare un manuale di fotografia e ritirare delle analisi e incontro Desy, la badante dei miei nonni. Viso tristissimo. Ha perso il permesso di soggiorno tornando a casa da Grottaferrata, dopo una lunga giornata di lavoro extra. L’ha cercato a lungo e stava per andare a fare la denuncia, ma l’ufficio è chiuso e non ne ha una copia. Pensa di doverlo rifare quindi, impiegando soldi che non ha.
Mi propongo allora di passare in rassegna, tornando a casa, tutti i negozi sul tragitto dove poteva averlo perso. Salutandola, mentre guidavo mi sono ritrovata a pregare: “Signore, tu hai detto Chiedete e vi sarà dato. Ti prego, fai che si riesca a ritrovarlo!!”. E vi giuro ragazze, mentre iniziava la questua, io ero CONVINTA che l’avrei ritrovato! Non so perchè ma ero certa al 100 %.. Entro allEurospin, niente. Farmacia. Estetista. Niente. Ultima spiaggia, cerco il numero dei carabinieri di Grottaferrata. Occupato per 5 minuti buoni, ma non si molla! Prendo la linea e chiedo. Il carabiniere mi fa: “Ne hanno portato uno in questo momento…”
Mi viene da ridere e quello mi avrà pure preso per pazza: gli volevo dire “Lei non idea che gran Signore è Dio!!”.
Non vi dico la gioia di questa ragazza appena gliel’ho detto.
A me ste cacchiate mi sconvolgono sempre, ma le voglio condividere, perchè con Dio al nostro fianco, i miracoli accadono, nelle cose più piccole.
(S.C)