Elezioni americane: la lezione di McCain

L’America ha scelto.

Barack Obama è il 44° presidente degli Stati Uniti d’America.

Sembra che ci sia aria di cambiamento nel mondo dopo questo voto. E speriamo davvero che sarà così, perché Obama è atteso da grandi sfide.

Sono contenta della scelta degli Americani, anche se su alcuni punti il programma del vincitore mi convince poco. Ma nella vita bisogna sapersi accontentare.

Quello che vorrei sottolineare di questi giorni, però, è il discorso di commiato di McCain, candidato repubblicano, lo "sconfitto".
Mi ha impressionato perché mi ha dato l’idea di cosa debba essere la Politica, di cosa è la Democrazia e di quanto noi, di qualsiasi colore sia chi ci rappresenta, ne siamo distanti.

Non solo ha fatto i complimenti ad Obama per la sua vittioria, ma ha detto che è il suo Presidente, ha azzittito chi dalla platea fischiava e ha dato una lezione di cosa voglia dire gareggiare onestamente e saper rendere merito all’avversario e prendersi le proprie responsabilità per la sconfitta.

Era amareggiato McCain, e non poteva essere altrimenti, ma si è dimostrato prima di tutto corretto.

Magari è stato un discorso studiato, calcolato a tavolino, però ha colpito e dispiace che i media non abbiano saputo metterlo in risalto in modo efficace.

Potrei dire tante cose, ma lascio lo spazio ad un bell’articolo apparso sul Messaggero che esprime quello che avrei voluto dire io.

Onore dunque a McCain, che ci ha fatto cogliere in tutta la sua pesantezza la crisi "politica" che versa dalle nostre parti.

L’America dunque "cambia", affidando il timone del governo più importante del mondo ad un uomo giovane, di soli 47 anni, che dimostra con cose "semplici" (come ad esempio mettere sul proprio account di Flick le foto della sua elezione, da cui è tratta la foto qui sopra) di voler dare un cambiamento.

Di errori ne farà tanti, non vorrei che le persone che festeggiavano in questi giorni si dimenticassero che capiterà anche a lui sbagliare e allora non sarà subito da prendere a "sassate". L’errore farà parte del gioco.

Noi abbiamo invece presidenti della Repubblica che se non hanno minimo ottan’anni non vengono eletti, presidenti del consiglio ultrasettantenti e abbronzati (perché parlava di sè stesso, vero?) che credono di fare gli spiritosi, che vogliono essere sempre al centro dell’attenzione internazionale con la regola universale "che se ne parli bene, che se ne parli male, l’importante è che se ne parli" e non si rendono conto che certe cose all’estero non sono tollerate, perché la Politica, quella vera, non è un gioco e uno scherzo.

E abbiamo anche un’opposizione che invece che cercare di "costruire", cerca di distruggere tutto quello che si può, mettendo in giro manifesti di indubbio poco gusto contro un ministro italiano che può anche aver detto cose "inopportune", ma che non è necessario mettere alla gogna pubblica in questo modo.

McCain, da sconfitto, ha dato una grande lezione. Ma ho il dubbio che qualcuno da queste parti la possa capire. A destra come a sinistra.

2 thoughts on “Elezioni americane: la lezione di McCain

  1. Mi trovo d’accordo con te. E vorrei aggiungere una cosa.

    Il Partito Democratico che esulta per la vittoria di Obama è quanto di più patetico possa accadere. Quelli del Partito Democratico (ma anche IDV e Sinistra L’Arcobaleno) non si rendono conto di essere distanti anni luce dalla democrazia americana, dalla politica americana.

    Si vocifera che alla Difesa andrà un Repubblicano, una cosa inaccettabile qui in Italia, dove le cariche sono assegnate alla rinfusa ai vari (semi)leader di partito o fazione di cui non ci si può liberare per non perdere consensi. Veltroni avrebbe scelto Brunetta, tanto per fare un esempio? Certamente no, perché “ideologicamente” Brunetta è di destra.

    Ti dirò Danix, mentre l’opposizione si indigna per una battuta di Berlusconi (che per quanto infelice possa essere resta sempre una battuta, ma ormai l’opposizione si attacca anche a queste cose, come giustamente ricorda Berlusconi) io mi vergogno i aver votato per il Partito Democratico. Sia chiaro, non è un’adesione al Berlusconesimo, al quale resto fermamente contrario; è invece un gesto d’amore verso la scheda bianca.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *