Quel poco che si può raccontare

Emanuele nel post precedente scrive:

Si ma… si riceve per donare agli altri! 😉 Non tenerti tutto dentro… racconta! 😛

Tendenzialmente gli do ragione… ma quello che ho vissuto è davvero difficile da raccontare, perchè è stata un’esperienza davvero troppo particolare per poterla descrivere a parole facendo in modo che tutti la possano capire.

Potrei raccontare del contorno, della pioggia, tanta, che abbiamo preso in quei pochi momenti di passaggio tra il posto dove avevamo l’incontro e il pullman , del concerto di campane e della successiva sigla dell’Eurovisione sparata a palla per i corridoi del posto dove dormivamo alle 6.30 di mattina (cosa che ovviamente, per fortuna, non si è ripetuta le mattine seguenti, su gentile richiesta nostra), della vescica prodotta dalle scarpe nuove, che non avevo ancora utilizzato con questa intensità e dei successivi saltelli in giro per il centro dove stavamo, su e giù per le scale (fatte non so quante volte), delle code infinite per i pasti (la cena in modo particolare), delle tante chiacchierate. O perchè no, delle inconprensioni (sempre tra essere umani siamo), della bellezza però di ricominciare, della festa (40 anni non sono certo pochi), delle rimpatriate dopo tanto tempo.

Tante cose. Davvero, ancora forse non mi rendo conto di tutto quello che l’Amico mi ha messo in cuore.
Altro, però, davvero non si può dire. E’ difficile, davvero tanto, riportare con freddi bit Quel rapporto che si è creato fra di noi, quello che in alcuni momenti ho sentito. Non è per essere egoista. Ma solo chi l’ha vissuto con me può capire quello che sento in questi giorni, può esserne parte.

3 thoughts on “Quel poco che si può raccontare

  1. Dalle tue parole traspare allegria, passione, divertimento, profondità e spiritualità.

    Non siamo stati li con te… ma è bello sentirti parlare. E’ bello vedere una persona aprirsi e far esplodere ciò che ha dentro.

    La mia era una provocazione ovviamente… il “raccontare” agli altri, non ha senso se rimane nero su bianco tra le righe di questo blog. Piuttosto mi auguro (e ti auguro) che ciò che hai vissuto (e magari vivrai ancora) possa diventare un “racconto vivente” in cui la carta sono le tue giornate e la tua vita una penna elegante… 🙂

    Ciao e bentornata.

    Emanuele

  2. Può darsi che, effettivamente, non si possa “raccontare” niente a parole, in generale.

    A meno di non farlo con una scrittura riflessiva, su carta naturalmente.

    Io cerco di usare sempre più la scrittura elettronica in questo modo, ma è problematico. Per te che scrivi con tale atteggiamento, mille altri sputano lì quello che passa loro per la testa.

    È una comunicazione davvero strana. Ambigua, non posso dire che mi piaccia veramente.

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